Parrocchia Santa Barbara Villacidro
Piazza S. Barbara, 2 -- 09039 Villacidro (CA) ITALIA Tel. e fax: +39 070932018
Santa Barbara Villacidro
                   
               
   
GIORNALISMO E RISPETTO DEL DOLORE
 

Era chiaro che sarebbe successo, nel giro di pochi giorni due tragedie i cui indagati sono extracomunitari e esplode una terribile ondata di razzismo. Prima una povera bimba scomparsa, poi otto ciclisti investiti e uccisi. Quasi sollevati dal fatto che il male non sia stato compiuto da nostri connazionali siamo subito pronti a fare “ di tutta l’erba un fascio”, perché è comodo e perché è normale additare e prendersela con tutti quelli appartenenti a quel colore o a quella “razza”. Le televisioni non aiutano, ormai, dopo Avetrana, il “circo” mediatico della spettacolarizzazione ha preso piede e nessuno ha più limiti. Penso che la libertà di stampa sia un punto fisso imprescindibile delle democrazie, penso anche che ci siano molti giornalisti seri che portano avanti il proprio lavoro tenendo ben presente il proprio codice deontologico e dei basilari principi etici. Alcuni però non possono essere definiti giornalisti, sono sciacalli. Incuranti del dolore delle famiglie e privi di un minimo di pudore presentano i loro servizi servendosi di qualunque espediente, anche vile, che possa aumentare l’audience o le vendite della testata. Questi intenti vanno a buon fine perché noi veniamo attratti da queste notizie, ci piace spiare dalle finestre delle famiglie sconvolte dal dolore e non ci rendiamo conto della tristezza che avvolge i “plastici” che riproducono i luoghi dei delitti. Siamo ciechi e la cecità ci impedisce di razionalizzare quando i colpevoli sono extracomunitari o quando sono solo indagati e ancora non si hanno prove certe della loro colpevolezza. In momenti come questi è logico che il dovere di cronaca vada rispettato, ma con sobrietà e nel pieno rispetto di famiglie che, spesso, vogliono vivere il loro dolore nel silenzio e senza gli appostamenti delle troupe televisive. Più di ogni altra cosa andrebbero poi rispettate le vittime, la loro immagine e i loro sorrisi non dovrebbero apparire ovunque, non dovrebbero essere mera merce. Evitiamo di dare la caccia agli immigrati, rendiamoci conto che il male parla qualunque lingua, che può essere straniero, ma può essere anche italiano, vicino di casa, zio e cugino.

 

Francesca Ortu

 
  Alcol e droga per “ragazzi per bene”
 

Da tempo non ci si stanca di ricordare che il disagio minorile ormai coinvolge anche i figli delle così dette “famiglie normali”. Appunto “giovani per bene” che si imbrancano per nascondere le loro fragilità finendo per diventare consumatori abituali di alcol e nuove droghe e protagonisti di pestaggi, violenze e stupri. Come si vede non stiamo parlando di ragazzi che abitano nelle banlieu parigine, nei sobborghi delle grandi metropoli o nelle grandi borgate romane, ma di giovanissimi che conducono una vita apparentemente regolare (scuola, palestra, pub e discoteca) e che provengono da famiglie insospettabili e ineccepibili per il loro civismo e senso del vivere sociale. Giovani che non prendono consapevolezza della loro fragilità e che rovinano ulteriormente la loro salute con l’uso e l’abuso di sostanze nocive fino a ritrovarsi con disturbi mentali più o meno gravi che ne compromettono l’esistenza. A preoccupare oggi è soprattutto il nesso tra reati, uso di droghe e disturbi mentali che si manifestano sempre più spesso in famiglie apparentemente normali. E’ il fenomeno dei ragazzi che escono ubriachi dai locali e commettono reati predatori, lesioni, pestaggi, violenze contro la ragazza del gruppo che non ci sta. Come già detto non stiamo parlando di stranieri che compiono reati alle periferie delle nostre città, ma di italiani doc. Per i primi la visibilità è scontata, per i secondi, data la loro provenienza da famiglie spesso di ceto medio-alto, si fa di tutto per far tacere la cosa, aggiustandola in maniera che l’opinione pubblica non sappia. Un altro fatto che preoccupa e che diventa difficile far prendere loro coscienza di quello che combinano. Infatti sembrano condurre un’esistenza disordinata senza che si rendano conto di quello che fanno. Vivendo in una dimensione da videogioco e arrivando al massimo a dire: “Si, beh, ho fatto una stupidata”, senza però cambiare nulla del loro stile di vita. Un simile comportamento viene anche favorito dallo stare nel branco perché aiuta a diminuire le responsabilità personali e le capacità critiche di saper riconoscere i loro limiti e sbagli. L’altro non esiste più come persona, ma soltanto come eventuale destinatario dei propri impulsi perversi. Quello che conta è soltanto la propria affermazione, non importa se per raggiungerla si deve andare contro valori da tutti condivisi come il rispetto del prossimo e delle cose. Purtroppo tale realtà deve registrare anche il comportamento di genitori super protettivi che cercano di minimizzare i fatti magari col dire che “a scuola vanno bene” e si ostinano nel difendere l’immagine di un figlio diversa dalla realtà. In questi casi la speranza di ottenere risultati incoraggianti è quasi nulla, mentre si fa più concreta l’ipotesi che ad interessarsi a questi ragazzi siano proprio i magistrali minorili.

 

Diggì

  <<Torna ai titoli
   
   
 
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
     
         
       
sito realizzato da: Francesco Chia      
Copyright ©2004