insieme
         
Islam e modernità  
       
In Iraq si assiste a un continuo, raccapricciante stillicidio di vite umane. Gli attentati sono così frequenti che, quasi, non fanno più notizia. A questi si aggiungono – e con una progressione sempre più allarmante – gli attacchi, altrettanto feroci e sanguinari, a popoli, culture e credenze nelle diverse parti del mondo. Dove si vuole arrivare? Chi c’è dietro questa lucida e folle strategia del terrore? Chi si intende colpire? Quale visione dell’uomo si cerca di sopprimere? Chi finanzia questi mercanti dell’orrore? Il numero delle vittime, col passare dei mesi, aumenta in modo impressionante non solo in Iraq, nazione ricca di storia e di petrolio, ma in tutto il mondo.
Le nazioni dell’occidente che, illusoriamente, avevano ritenuto maturi i tempi per esportare, insieme alla tecnologia, anche i propri modelli di democrazia, hanno finito per acuire l’esplodere del terrorismo. Nessuno, dunque, vuole sminuire o nascondere gli errori commessi da questi paesi e tanti, - esperti e non, continuano, in assoluta libertà, ad esprimere al riguardo il proprio punto di vista. Ma intanto, che dire dell’Islam (inteso come evento religioso e culturale)? In pieno terzo millennio si ha l’impressione che ancora faccia fatica a riconoscere come valori universali, principi che appartengono al patrimonio civile e spirituale dell’umanità di tutti i tempi.La sacralità della vita come bene primario, la dignità della persona (in particolare della donna), il rispetto per le altrui culture e credenze, il dialogo come strumento di confronto senza integralismi e irrazionali atteggiamenti di chiusura contro chi vive e pensa diversamente da loro, ecco alcuni dei più evidenti diritti della persona che l’Islam sembra pregiudizialmente respingere in nome – e questo è il dato più preoccupante – della propria religione.
L’Europa, dopo 1400 anni di cristianesimo, ha lasciato in eredità alla storia e al mondo l’umanesimo prima e il rinascimento dopo. A quando un mutamento deciso e significativo all’interno della cultura islamica?
Lo storico americano Kenneth W. Stein, proprio riguardo al desiderio di vedere fiorire all’interno dell’Islam la democrazia, osserva che “il mutamento di una cultura politica avviene al ritmo delle ere geologiche”. Si potrebbe obiettare che i tempi comunque dovrebbero essere ormai maturi perché questa evoluzione inizi a mostrare i primi risultati. Certo, una cosa è auspicare il cambiamento, un’altra vederlo realizzato e il pluralismo sembra assente dal codice genetico della maggior parte dei governi musulmani. A ricordarcelo ci hanno pensato i quattro ragazzi kamikaze di Londra: tutti, per passaporto, di cittadinanza inglese, ma con credenze e suggestioni valoriali ancora radicate nei luoghi di provenienza senza alcuna apertura. Con il loro tragico gesto hanno fatto capire che frontiere, barriere, telecamere e controlli accurati non bastano più per sradicare assassini che a loro volta non hanno paura di morire. Questa etica, non è figlia del contingente, ma trova la sua origine in una ben definita visione dell’uomo e della storia. Il papa Benedetto XVI, all’indomani degli attentati di Londra, ha detto: “Dio ama la vita che ha creato, non la morte. Fermatevi in nome di Dio”. Se prima non si arriva ad accettare questa verità, tutto si comprende e si giustifica.
Dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre, qualcuno scelse di attribuire la responsabilità di quanto accaduto agli stessi americani: “ chi semina vento, – si diceva – raccoglie tempesta”. Credo che oggi l’esplosione del terrorismo obblighi a una lettura meno populista e superficiale. Le cause del fenomeno appaiono molto più complesse e, forse, l’atteggiamento più giusto da tenere e, meglio ancora, da recuperare, nei confronti di questa irrazionale e assurda ondata d’odio di schegge impazzite del mondo islamico, consiste nella riscoperta e nella difesa della propria identità e dei propri valori sia culturali che spirituali. La nostra determinazione non andrà fondata sull’efficacia delle armi, ma sulla forza della ragione e delle nostre radici..
 
Don Giovannino
   
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