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Villacidro e la nuova provincia
       
Tra qualche mese si terranno in Sardegna le elezioni per i Consigli Provinciali delle quattro province già esistenti (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano) e per l’istituzione delle nuove province (Sulcis-iglesiente, Ogliastra, Gallura e Medio Campidano). Dunque, anche noi saremo invitati ad esprimere il nostro voto per l’erigenda nuova provincia, dentro cui territorialmente siamo compresi, appunto quella del Medio Campidano.
Qualcuno vorrebbe contestare (e forse non con molti torti) l’utilità di queste nuove strutture, ma si tratta di una posizione ormai del tutto fuori luogo, perché tardiva. Sulla opportunità di mandare avanti questo progetto, infatti, si è tenuto un Referendum che però e andato a vuoto (a poco serve ora sviscerare il perché di questo esito). Altri vorrebbero fare finta di non essere interessati, quasi si trattasse di un appuntamento di scarsa rilevanza. Infine c’è chi pensa che i problemi veri sono altri (leggi: disoccupazione, povertà diffusa, insufficiente protezione dei diritti di chi lavora,ecc.).
Dico subito che gli atteggiamenti di indifferenza e di distacco sono da evitarsi in quanto non approdano da nessuna parte e, anzi, rischiano di aggravare i problemi, purtroppo veri,già presenti nella collettività. Mi preme anche sottolineare che la seguente riflessione la propongo da cittadino e quindi a titolo puramente personale. Sarebbe perciò fuorviante volerci vedere un’ufficialità che non ha. L’intento è solo quello di sensibilizzare i lettori a un corretto confronto sull’argomento.
La nuova provincia del Medio Campidano, territorialmente e quanto a popolazione, risulta la più piccola e la meno omogenea: appena 105.400 abitanti distribuiti in 28 comuni e con una superficie di 1516,19 kmq dopo la rinuncia a farne parte dei comuni del Sarrabus e del Gerrei (vedi cartina).
Soltanto due centri superano quota diecimila (Villacidro e Guspini). Normale dunque che ancora si sia alla ricerca degli assetti interni (capoluogo innanzitutto) più giusti e rispondenti alla realtà del territorio.
Fino a qualche tempo fa pareva, ad esempio, che quanto al capoluogo, le cose fossero già chiare. Sanluri sembrava già in possesso di un’investitura che nessuno però le aveva concesso.
Si diceva che fosse il più centrale e che meritasse questo riconoscimento per la ricchezza dei servizi che è in grado di assicurare. Poi si scopre che la centralità, almeno in Sardegna, non è mai stato un aspetto importante (si pensi alla posizione geografica degli attuali quattro capoluoghi) e che, comunque, quella di Sanluri, dopo l’uscita di 13 comuni, è più immaginaria che reale.
Osservando attentamente la cartina e la tabella 1 che riassume la popolazione (censimento 2001) e la superficie dei 28 centri si evince, ad esempio che:
in Villacidro è l’unico centro abitato che si avvicina ai 15000 abitanti, mentre Sanluri è soltanto al 5° posto per popolazione, preceduto anche da Guspini, Serramanna e San Gavino. Più precisamente, si rileva che Villacidro fa registrare il 42,17% di abitanti in più rispetto a Sanluri. Si tratta di un dato oggettivo che non può non essere fatto valere (tabella e grafico 1).
Quanto a superficie, i sei comuni di Villacidro, Gonnosfanadiga, Guspini, Arbus, San Gavino e Serramanna, - da soli, - possiedono quasi il 61% dell’intero territorio della nuova provincia e il 60,42% della popolazione (grafico 2).
Riguardo poi alla centralità geografica, va detto che Villacidro, rispetto a Sanluri, risulta più centrale per il 56,29% della popolazione (da questo conteggio è stato escluso San Gavino in quanto equidistante), anche se va ribadito che il problema, oggi, si presenta del tutto irrilevante.
La proposta di identificare il capoluogo con l’abitato che offre più servizi, si scontra con un altro criterio, ancora più giusto e più equo– e cioè quello del decentramento. Mi pare infine opportuno rilevare un altro dato, e cioè che 18 dei 28 comuni della nuova provincia (pari al 64,29%), da centinaia di anni, fanno parte della diocesi di Ales. In dati percentuali si traduce nel 63,11% della popolazione e nel 71,28% dell’intero territorio contro il 36,89% e il 22,72%.
Ciò significa che una larghissima maggioranza di persone, di fatto, vive già dentro una istituzione che la unifica sottola guida di uno stesso vescovo e di una stessa curia e, dunque, con gli stessi indirizzi,gli stessi programmi e la medesima comunione, appunto quella ecclesiale.
Di questa realtà Villacidro è diventata punto di riferimento importante fin dal 1768, quando con Mons. Giuseppe Maria Pilo divenne residenza dei vescovi della diocesi per gran parte dell’anno. Il palazzo vescovile, successivamente fu trasformato in Seminario diocesano e in sede dell’Istituto di Scienze Religiose. A Villacidro è tuttora il settecentesco palazzo vescovile che, prima ancora fu residenza dei Marchesi Brondo. Cosa concludere? Intanto vorrei invitare i villacidresi ad essere più convinti e partecipi. L’apatia e il distacco fino ad oggi manifestati vanno superati soprattutto ora che si aprono prospettive importanti per il futuro della cittadina. Non si tratta di campanilismo, ma di fare valere le proprie qualità e possibilità.
Certamente Villacidro non ha niente da invidiare a nessun altro centro.Occorre però che i primi a crederci e a dimostrarne le ragioni siano proprio i diretti interessati.
 
Don Don Giovannino
       
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