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I cristiani e la domenica  
       
La processione del Corpus Domini quest’anno si è tenuta per le vie del nostro Centro storico. La famiglia, la parrocchia, i giovani, il lavoro e la sofferenza sono i temi sui quali, nelle varie soste, si è pregato. Sacerdoti e fedeli (davvero tanti!) hanno condiviso, ansie, speranze e difficoltà. Catturati e attratti dalla presenza di Gesù Eucaristia, hanno scelto di rendere visibile la propria fede attraverso il camminare insieme per le vie e tra le case dei fratelli e delle sorelle che, come loro, soffrono e lottano consapevoli del fatto che tutti sono chiamati a sperimentare vittorie e sconfitte, gioie e delusioni, serenità e amarezze.
In quel convenire è come se l’intera e variegata complessità dell’esistenza si fosse dato appuntamento per invocare maggiore giustizia sociale, fratellanza e perdono. A cementare quei cuori la forza dell’amore che si irradiava sui presenti da quella piccola ostia bianca. E mentre si procedeva, tra canti e invocazioni titaniche, mi veniva da pensare a come, col passare del tempo, i cristiani hanno ridotto la domenica. Da molti credenti, infatti, essa è vista soltanto come un’osservanza da sbrigare in fretta, per altri si identifica con l’week-end dove a contare è unicamente la gita, la partita di calcio, la scampagnata, il divertimento o anche soltanto il lavoro extra per recuperare salario. Tutto viene programmato con cura. Per Dio, però e per la propria coscienza non resta né spazio, né tempo. Ogni settimana l’agenda è sempre zeppa di impegni e di appuntamenti. Non è che Dio lo si respinga, è che le cose da fare sono sempre tante e per la propria interiorità bisogna sempre rimandare. Soprattutto nel periodo estivo le chiese si svuotano di bambini, adulti e giovani. Già, i giovani. Molti di loro dicono di vivere benissimo anche senza la domenica. L’assenza di soprannaturale non li preoccupa e per essi non è importante avere Dio vicino, dal momento che appare del tutto astratto e ipotetico e, dunque, poco significativo, come un non problema.
E le prospettive non sembrano far presagire ripensamenti a breve termine. Mi scopro immerso ancora in queste considerazioni quando iniziamo la discesa di Frontera. La processione sta terminando, ma lo stato di pessimismo che avverto in me attende una risposta. Alzo lo sguardo e fisso per un attimo l’Ostia bianca dell’ostensorio. “Fino a quando – gli chiedo – ci illuderemo di farcela da soli?” Allora mi ricordo che il nostro Dio è un padre buono e ricco di misericordia, e mi tranquillizzo.
 
Don Giovannino
   
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