insieme
         
San Barnaba  
       
L'ebreo Giuseppe, nativo di Cipro, convertito al cristianesimo, vende una sua terra e consegna il ricavato agli apostoli, in segno di totale conversione.
La Chiesa impara da subito ad onorarlo col soprannome di Barnaba che significa “figlio dell’esortazione”. La sua autorità crebbe in fretta tanto da convincere gli apostoli ad accettare tra loro Saulo di Tarso, spietato persecutore, che, pur essendosi convertito, non era ritenuto affidabile. Bastò la sua parola e Saulo venne accolto tra gli apostoli, prese poi il nome di Paolo. Poco tempo dopo, giunge la notizia che ad Antiochia diventano cristiani anche molti non ebrei. La Chiesa di Gerusalemme manda Barnaba sul posto, per meglio comprendere la veridicità di quanto non era mai capitato prima. Giunto ad Antiochia, non ebbe alcuna incertezza, invitò tutti a perseverare nel Signore e chiamò con sé Paolo. Insieme predicano e portano soccorso ai cristiani di Gerusalemme, vittime di una grave carestia. Ad Antiochia matura il piano per una missione in terra pagana, rivolta dapprima solo alle comunità ebraiche, più tardi aperta a tutti. Portano con loro anche Giovanni-Marco, cugino di Barnaba, che divenne l’evangelista Marco. Il viaggio missionario, tocca per primo Cipro e poi una parte dell’Asia Minore. Tra il 50 e il 53, c’è il secondo viaggio che toccherà anche l’Europa.
Barnaba vorrebbe portare anche Marco, ma Paolo rifiuta, perché Marco nel primo viaggio si era allontanato da loro.
Barnaba insistette e si imbarcò con Marco alla volta di Cipro. Dagli Atti degli Apostoli, in una lettera di Paolo ai Colossesi, si apprende che lui successivamente si riconciliò con Marco.
 
 
San Tommaso Moro
Thomas More, questo il suo nome inglese, era figlio di un magistrato, divenne presto un avvocato famoso, amministratore di giustizia della città di Londra e membro del parlamento. Sposato, da sua moglie Jane Colt, ebbe quattro figli. Ad Oxford imparò l’amore per i classici antichi, passione che condivise con Erasmo da Rotterdam, spesso suo ospite.
Scrisse la biografia dell’umanista italiano Pico della Mirandola, ma “Utopia” divenne la sua opera più famosa, nella quale disegnava una società ideale fondata sulla giustizia e sulla libertà. Uomo di grande fede, vissuta con gioia e convinzione. Quando Martin Lutero iniziò la sua lotta contro Roma, il re Enrico VIII di Inghilterra scrisse un trattato in difesa della dottrina cattolica e sui sacramenti, ricevendo apprezzamento da Papa Leone X, invece, accuse e critiche da Lutero. A queste rispose Tommaso Moro, molto stimato da Enrico VIII per la sua cultura e integrità. La Consulta gli affidò importanti incarichi all’estero e nel 1529 fu nominato Lord Cancelliere, una posizione di grande importanza, ma anche molto delicata. Infatti, quando il re ripudiò Caterina d’Aragona per sposare Anna Bolena, provocando la storica spaccatura tra Roma e la chiesa anglicana, Tommaso Moro si rifiutò di avallare il divorzio e la supremazia del re nelle cose di fede.Coerente, gli va contro fino ad arrivare ad essere condannato a morte.
Mentre è in prigione nella Torre di Londra, è lui stesso, durante le visite, che spinge i familiari a sopportare con coraggio la prova. Trascorre quei giorni molto serenamente, sostenuto dalla fede. Prima dell’esecuzione gli consentono di pronunciare soltanto poche parole. Usa espressioni cordiali verso il boia e gli regala una moneta d’oro, poi esorta i presenti a pregare per Enrico VIII e dichiara di morire restando, fino all’ultimo, fedele al re, e soprattutto fedele a Dio. Quindici giorni prima, per le stesse ragioni, era stato decapitato il suo amico John Fisher, vescovo di Rochester, canonizzato insieme a lui da Papa Pio XI, nel 1931. Ora la Chiesa li ricorda entrambi nello stesso giorno, il 22 giugno.
   
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