insieme
         
Leggere le cose in diversi modi  
       
In questo periodo che i centri commerciali sono maggiormente sotto i riflettori, è inevitabile soffermarsi ad osservare l’afflusso di clienti che ruota in essi sette giorni su sette. Il primo pensiero è l’incredulità alla crisi che tanto si declama, poi la mente spazia su altre considerazioni. Intanto anch’io entro, non devo acquistare e gioco a fare “l’inviata” per cogliere nella gente quello spirito che porta così in massa ad affollare questi “grandi magazzini”. Come si chiamavano negli anni sessanta e settanta anche se non erano di queste proporzioni. La Rinascente a Cagliari era il più grande in assoluto, poi la Upim, la Standa, la Croff. Qui, i cagliaritani e quelli dell’interland, non erano poi diversi dagli acquirenti di oggi. Con una diversa maturità di allora mi sono trovata a fare analoghe osservazioni, ovviamente con molta serenità e distacco. Osservo che la gente appare coinvolta, l’occhio brilla e scruta ogni cosa, si guarda, si sceglie, si riempiono i carrelli, tutti sembrano essere “impazziti” e soddisfatti. Altri, invece, non acquistano, sono persone che vogliono vedere le vetrine o che hanno bisogno di trascorrere il tempo in questo modo. Diverse sono le persone che dicono “io vengo la domenica sera perché sono sola e non so cosa fare”.
E’ conseguente, a questo punto, associare le tante polemiche per l’apertura domenicale dei centri commerciali. Cosa dire? Forse niente, visto che grazie al cielo si è persone libere di scegliere come trascorrere il proprio tempo e non siamo certamente autorizzati a sindacare sulle scelte altrui. Chissà quante volte, proprio le stesse persone che demonizzano questa apertura sono corse a prendere il prezzemolo o il parmigiano che era finito all’improvviso, oppure ad acquistare un regalo perché la settimana è piena di impegni e non c’è il tempo.
Spesso si giudica con rigidità e severità, ma forse è bene vedere il problema in modo più sereno e da diverse prospettive. Alcune associazioni cattoliche durante il Congresso Eucaristico Nazionale e la Chiesa stessa, hanno posto il problema sui tempi lunghi di lavoro e sull’apertura domenicale dei negozi, perché la domenica torni ad essere un momento di riposo, di ricerca e di ascolto interiore. Chi vuole vivere la domenica in questo modo e con questi valori ha la libertà di farlo. L’apertura domenicale dei centri commerciali non limita nessuno e non obbliga alcuno a frequentarli. E’ altrettanto vero, però, che il cristiano sa che deve privilegiare quei valori che lo caratterizzano senza diventare vittima di una epoca che apertamente è insidiata dal consumismo e dal profitto. La vita di oggi porta, però, ad avere ritmi frenetici e anche quando si vorrebbe ritagliare un po’ di spazio per scrutare il proprio animo si rimanda sempre. E’ certamente sbagliato, ma questo non significa non essere cristiani. I lavoratori della domenica di sicuro preferirebbero stare a casa, assaporare la gioia di condividere momenti di intimità familiare, ma, oggi, spesso pur non volendo, ci si deve rassegnare. Sono tanti i giovani e i meno giovani il cui lavoro richiede la loro prestazione anche domenicale. Allora che fare? Quello è il lavoro e con la difficoltà di trovarne un altro, non si deve essere tanto schizzinosi, soprattutto quando questo significa “il pane” e in molti casi una famiglia da mantenere. Forse sarebbe bene, invece, ringraziare il buon Dio e da veri cristiani offrire a Lui il sacrificio della domenica di non riposo. La voglia di chiacchiera imperversa, sempre e comunque anche quando è bene forse vedere con bonomia qualcosa che non grida allo scandalo e non disturba affatto. All’ingresso di un grosso magazzino degli anni settanta, sull’autostrada del sole, ragazzina, mi colpì una statua raffigurante una sirena procace e molto avvenente, la sua bocca uno zampillo. Incuriosiva e attirava l’attenzione maliziosa di grandi e piccoli. Mi è tornata alla mente, mentre ho captato e letto quanto clamore ha destato una statua raffigurante un santo, posta ugualmente nel piazzale del centro commerciale presente nel nostro territorio. Mi sono detta, che disturbo può recare? Perché non vederci o sapere cogliere, invece, un elemento positivo? Significa, per taluni, unire il sacro con il profano? Perché non dare invece una diversa interpretazione? Nel momento della corsa all’offerta speciale o agli acquisti sfrenati, il santo della semplicità e della povertà è lì a farci riflettere e a ricordarci di ringraziare il Signore perché, rispetto ad altri che sono nel bisogno o soffrono la fame, noi, invece, abbiamo i mezzi per riempirci il carrello. Ispirati da un impeto di generosità, magari, metterci dentro anche qualcosa per una famiglia povera che può non essere poi così lontana da noi.
 
M.Rita Marras
   
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