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Spreco e fame
 
       
I giapponesi per dire “ che spreco” usano la parola : “ mottainai”. Questa espressione è stata adottata anche dal premio nobel per la pace Wangari Maathai, che l’ha proposta come parola universale che ci fa riflettere sul problema fame-spreco. Un detto giapponese lo riassume : “quando mangi non lasciare neanche un chicco di riso nella tua ciotola”. La battaglia contro lo spreco degli alimenti è iniziata considerando che nei market, aperti 24 ore su 24 in tutto l’arcipelago, alle nove del mattino, alle 16 e a mezzanotte si controllano le scadenze sui pasti freschi preconfezionati e si gettano nelle immondizie ciò che risulta scadere nelle successive 2 ore. Uno spreco di 600.000 tonnellate di cibo giustificato come una forma di rispetto per i clienti.
E veniamo a noi: secondo le indagini più serie in Italia ogni anno si gettano via 6 milioni di tonnellate di cibo, 27 chilogrammi la quantità media che ogni italiano butta ogni anno! Buttiamo via il 10% di pane e pasta, il 15% della carne che arriva nella nostra tavola contro il 3,6% delle famiglie italiane che ha problemi ad acquistare il cibo, e sarebbero 3 milioni le presone che si potrebbero sfamare con gli scarti! Si potrebbero sfamare tante famiglie se i prodotti dell’agricoltura non si gettassero via quando sono in eccedenza sul mercato! Non operando la solidarietà si determinano vergognosi sprechi. L’Italia è il primo produttore europeo di riso.
L’UE (Unione Europea) per contrastare la crisi economica ha ritirato una quantità enorme di riso invenduta. Tralascio le quantità che sono enormi … mi vengono in mente quando vedo le foto dei bambini con pochi chicchi di riso nella ciotola.
Il direttore generale della Enterisi ha chiesto ripetutamente alla UE di destinare queste riserve alla lotta alla fame, ma Bruxelles è restia alle operazioni di aiuto alimentare e le elargisce con parsimonia. Si spera che presto il nostro governo vari un programma più consistente di aiuti, e sempre a proposito di riso quel che arriva alle nostre Caritas parrocchiali non è gradito agli assistiti i quali al riso preferiscono altri prodotti! Per fronteggiare il disagio economico aggravatosi con l’euro le chiese, con gli enti di solidarietà, si adoperano per limitare lo spreco e per trasformarlo in aiuto valido. Vi è una grande catena di solidarietà alimentare ed ecologica poiché nella nostra società industrializzata quando il costo per la conservazione di un bene supera una certa soglia e scompare la prospettiva del guadagno si distrugge la fonte della spesa e … apritevi cassonetti…
Numerosi Organismi si mantengono raccogliendo e trasformando ciò che allegramente buttiamo via. Ci sono i mercatini dell’usato e del “ Movimento internazionale Emmaus“, le vacanze che danno ai giovani la possibilità di trascorrere un periodo di vita comunitaria impegnandosi nella raccolta di materiale usato e studiando il suo riutilizzo. Nei grossi centri sono divenuti familiari i cassonetti gialli con cui la Caritas, con altre associazioni, raccoglie gli abiti usati che riparati saranno distribuiti ai poveri.
Altre organizzazioni, basano la loro attività sul recupero di beni alimentari e di consumo lottando contro lo spreco e raccogliendo fondi per iniziative di solidarietà. Esemplare è il Banco Alimentare nato ad opera di Don Giussano (CL) e della Star. Raccoglie, seleziona e smista decine di migliaia di tonnellate di cibo che rischierebbe la distruzione perché in scadenza. Il Banco non distribuisce al minuto ma fa il grossista della solidarietà rifornendo a sua volta 7 mila Enti caritativi con 1 milione e 200 mila assistiti, grazie a loro il cibo arriva agli indigenti in perfette condizioni. L’anno scorso nella giornata del Banco sono stati raccolti nei supermercati italiani 6,800 tonnellate di alimenti. Altre associazioni raccolgono capi d’abbigliamento, medicinali e perfino tappi di plastica da riciclare. Pensiamo ai tre milioni di persone che si potrebbero sfamare con gli scarti dovuti ai nostri sprechi e avremo di che riflettere.
Mariolina Lussu
   
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