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Non solo pane  
       
Nelle civiltà agro pastorali della Sardegna, il pane, alimento nutritivo per eccellenza, ha sempre avuto un alto valore simbolico. Persino al momento della panificazione si dovevano seguire particolari regole; e così, al semplice impasto si amalgamavano le “farine del rituale e della fede”, talvolta sfociando nella superstizione. Al pane venivano attribuiti innumerevoli significati che toccavano tutti gli aspetti più importanti della vita civile e religiosa dell’individuo e della collettività.
E quando le donne di tutte le case, una volta alla settimana lo preparavano… Facevano il pane comune, quello da consumare tutti i giorni. (Il così detto civraxu che si confezionava con su scietti fiore sardo, la farina di grano duro che più era bianca, più il pane era pregiato. Oppure, quando la farina bianca scarseggiava, con il cruschello, dal quale si otteneva su civraxu mannu, il pane nero, che sarebbe il pane integrale dei nostri tempi). Non era così in occasione dei matrimoni, delle nascite, delle grandi feste liturgiche: Quaresima, Pasqua, Festa dei Morti e Natale.
Allora il celebre impasto farina acqua e lievito, tra le mani di quelle esperte massaie veniva plasmato in vere e proprie opere d’arte. Il pane degli sposi, a pasta dura, coccoi, doveva rappresentare l’evento straordinario. Per questo lo si confezionava dandogli forme particolari e arricchendolo di intagli e decorazioni tanto da sembrare sculture.
Il pane della Quaresima, aveva forme di figura femminile con sette gambe o sette piedi e veniva usato come calendario in attesa della Pasqua. Durante la settimana Santa venivano rappresentati tutti i simboli della Passione di Cristo, la corona di spine, la croce, la scala, ecc. La Domenica delle Palme il coccoi si intrecciava come una palma e veniva regalato ai bambini. E quando arrivava la Pasqua, questo prezioso alimento prendeva la forma di colomba, di corona intagliata con foglie e fiori e, per i bambini, si confezionava con l’uovo inserito nella pasta.
Nelle ricorrenze importanti inoltre, ai più piccoli si regalava il giocattolo di pane a forma di bambolina, cavallino, bicicletta.
E così, un alimento tanto semplice diventava immagine della vita domestica nella gioia delle feste, ma anche nel dolore e nelle fatiche del lavoro.
 
Mariella Bolacchi
   
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