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Solo colpa dello stato sociale carente?  
       
L'estate che ci siamo lasciata alle spalle la si ricorderà per chissà quanti eventi. Difficilmente però c’è ancora qualcuno che custodisce vivo nella memoria il pensiero dei tanti neonati abbandonati e uccisi.
Nei mesi delle vacanze e, quindi, dei viaggi, del riposo e del divertimento, questo tristissimo fenomeno ha raggiunto picchi drammatici. L’abbandono di tanti neonati da parte delle madri sembra essere diventato evento che non fa più notizia. E le varianti pure. Bambini lasciati per strada, oppure non riconosciuti o, addirittura, gettati nei cassonetti. L’Istituto degli innocenti di Firenze ha stimato che i neonati abbandonati ogni anno siano ormai circa 300 (quasi uno al giorno!), mentre altri 400 non vengono riconosciuti alla nascita dalle madri. Si tratta di cifre tragiche e incredibili che non possono non sconcertare e fare riflettere. Si dice che a monte di questi episodi ci sono sempre storie di donne fortemente condizionate dalla solitudine e da disagi personali molto gravi come: precaria salute mentale, immigrazione irregolare, prostituzione, minore età, situazioni familiari difficili e altro ancora.
Si afferma inoltre che simili drammi sono il frutto di una pluralità di altre cause. La legge sull’immigrazione, la sanità che non tutelerebbe a sufficienza la maternità delle straniere irregolari, la non adeguata attenzione sociale ai minori stranieri, ecc… ecc…
Nessuno intende misconoscere l’oggettiva debolezza politica e strutturale della normativa vigente e l’urgenza, per la società, (in primis per le Istituzioni) di farsi carico di questi problemi. Soprattutto la politica familiare sollecita una rete di responsabilità nella quale tutti sono chiamati a dare il proprio contributo: Stato, Caritas, Centri di aiuto, singoli cittadini.
Ma la risposta a questa penosissima piaga non può non considerare l’altrettanto grave responsabilità della coscienza di chi commette simili atti. E’ facile addossare la colpa sempre a ciò che ci circonda. La nostra cultura ha smarrito il senso del peccato. Ciò che accade di negativo nella vita non è mai da riferire a colui che lo compie, ma a ciò che gli è esterno. La recente legge che consente alle donne straniere irregolari di non riconoscere alla nascita il proprio figlio e di partorire senza che sia segnalata la sua condizione di irregolare, evidentemente è ancora poca cosa rispetto al rischio di infanticidio. D’accordo quindi per lo studio e la promozione di nuove e più civili strategie in difesa della vita.
A quando, però, il recupero, a livello collettivo, del principio della responsabilità personale di fronte al male commesso?
 
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