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Dall’aggressività al bullismo  
       
Continuiamo a parlare di adolescenza e di aspetti e problemi legati a questa particolare e significativa fase di vita dell’individuo, che un intero trattato non sarebbe sufficiente a descrivere.
Nonostante la diversità individuale, una certa identità accomuna tutti gli adolescenti determinandone una netta separazione e differenziazione dagli adulti, mentre d’altro verso li omologa per gusti, mode, consumi, divertimenti, spazi, linguaggi e comunicazione.
Li vediamo in classe nei momenti ricreativi o per strada, a gruppi, tutti vicini, compatti e uniti, a giocherellare, strillando e rincorrendosi. Da lontano sembrerebbero tutti uguali, con le stesse pettinature e con lo stesso abbigliamento!
Abbiamo anche parlato di disagi “fisiologici” che i ragazzi vivono nei rapporti con la famiglia, con se stessi, con la scuola e talvolta anche con gli stessi coetanei, disagi che creano in essi inquietudini, sbalzi d’umore, atteggiamenti indisponenti e ribellioni.
Oggi, si parla anche, riferendoci per fortuna a pochi ragazzi, di problematiche particolarmente difficili dovute a disturbi di condotta, ad atteggiamenti di aggressività e a scarsa osservanza delle regole di convivenza della comunità scolastica. Per fortuna nel nostro ambiente scolastico non esistono situazioni di questo tipo.
Effettivamente alcuni alunni faticano a seguire le lezioni, a mantenere la concentrazione, a stare al posto senza disturbare i loro compagni di classe e impediscono un regolare andamento dell’attività didattica.
La maggior parte delle volte però chi mette in atto questi comportamenti “trasgressivi” non agisce con l’intenzione di danneggiare i compagni, anzi vorrebbe possedere maggior autocontrollo, a livello emotivo e comportamentale, ed essere capace di apprendere come tutti gli altri. Le responsabilità come sappiamo non sempre sono del ragazzo, ma dell’ambiente familiare, dei messaggi negativi forniti dai mass media, in particolare dei films e videogiochi dove la violenza, la furbizia e il mercantinaggio appaiono come valori predominanti condizionando menti e comportamenti.
La scuola cerca sempre di appianare queste situazioni di disagio con interventi educativi mirati o con qualche correttivo didattico, avvalendosi del sostegno delle figure specialistiche del servizio educativo comunale o della ASL, ma non sempre il successo è garantito.
Quando invece l’aggressività diventa intenzionale cioè diretta volutamente ad arrecare danno a persone, animali o cose, e quando persiste nel tempo, allora è proprio il caso di parlare di comportamento antisociale e di “bullismo”. Sappiamo quali ne sono le componenti: il “bullo”, prende di mira solitamente il più debole o il più isolato della classe o dell’istituto esercitando su di lui un potere a livello fisico o psicologico; studia la situazione per non aver rischi di denuncia, magari ottiene ciò minacciando la propria “vittima”; non si limita a esercitare il suo potere sulla vittima una sola volta ma più volte e a lungo nel tempo; il bullo si avvale sempre della complicità dei compagni che ne coprono la responsabilità e conta sulla paura di ritorsioni in caso di denuncia esercitata sulla vittima e sul silenzio per la stessa ragione degli eventuali spettatori.
La vittima d’altra parte preferisce subire l’aggressività o l’ingiustizia per non apparire agli altri troppo debole o incapace a difendersi. Pertanto se non avviene una rimozione di questi elementi è molto difficile risolvere il problema. In certe scuole, estere soprattutto, è divenuto quasi impossibile per gli insegnanti fare lezione! Nelle nostre scuole, qualche volta si assiste a casi isolati di aggressività che vengono però stroncati sul nascere, proprio con la tecnica dell’investigazione e della ricerca delle responsabilità.
Una volta scoperto, l’alunno colpevole di aver danneggiato qualcuno o qualcosa, viene messo di fronte alle sue responsabilità e generalmente ammonito o perdonato con la speranza che riflettendo e maturando possa rivedere il suo comportamento.
 
Dina Madau
   
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