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Educazione: rapporto d’amore tra genitori e figli
       
Recentemente, in un incontro regionale del RnS dedicato ai vari temi sulla famiglia, ho potuto sentire l’insegnamento di don Mario Cascone di cui voglio riferire alcune osservazioni perché interessanti e utili per quei genitori che hanno figli in crescita da educare.
Il relatore si è soffermato sulla complessità attuale della situazione in cui si sviluppa il rapporto genitori e figli, dovuta al tipo di società in cui viviamo e al condizionamento dei mass-media.
Certamente la maniera migliore per essere un bravo papà e una buona mamma è quella di essere una coppia di genitori unita e affiatata, perché la disarmonia della coppia si riversa sui figli.
Avere figli non significa trascurarsi come coppia. Il Matrimonio è un Sacramento e amare un figlio a scapito del coniuge è sbagliato perché egli non è proprietà dei genitori. Un altro aspetto importante è che un bravo genitore debba avere una giusta considerazione di se stesso e dei propri figli che devono sempre sentirsi desiderati e incoraggiati nell’autostima.
Come diceva Don Bosco, l’amore deve essere anche percepito: non basta amarli, i ragazzi devono sapere di essere amati, lo devono percepire attraverso manifestazioni e rassicurazioni d’affetto e d’amore concreti da parte del papà e della mamma. E’ bene che i genitori fuggano dal rigorismo soffocante e dal permissivismo smodato, ma trovino il giusto equilibrio. Non devono essere amici, ma genitori che esercitano il loro ruolo educativo con autorevolezza e che sanno all’occorrenza sapere dire sì e no con amore.
L’amore autentico è rispettoso dell’identità del figlio che non deve fare ciò che i genitori non hanno potuto fare nella loro vita; l’amore autentico è rispettoso dell’unicità dei figli, quindi è sbagliato fare confronti in quanto ogni figlio come persona sarà diverso dall’altro e avrà una sua storia.
L’amore è spirituale. E’ la ricerca di senso che fa capire a quale meta alta si è diretti, che non si accontenta del poco che basta. Bisogna far maturare nei giovani figli il senso della conquista, anche con fatica, e del sacrificio, perché non crollino alla prima difficoltà o alla prima sofferenza. Bisogna preoccuparsi dei giovani che non mirano “a quote alte”, che si accontentano della mediocrità o peggio che sono colpiti dalla “sindrome dell’abbondanza” e dalla noia.
Non meno importante è per i genitori cristiani dare il buon esempio e trasmettere i valori che contano con una fede salda, perché il seme gettato a suo tempo darà i suoi buoni frutti. Educare è un servizio umile che può conoscere il fallimento, ma non ci si deve scoraggiare: bisogna tener conto che il bambino avrà una fede da bambino, durante l’adolescenza il ragazzo cercherà di staccarsi anche nella fede da ciò che i genitori gli vogliono imporre, ma il buon seme non andrà comunque perso. Bisogna rispettare i tempi di ogni individuo.
L’amore però è anche flessibile ed elastico. A volte la regola può essere adattata alle circostanze, (quando cambia il contesto, quando il ragazzo matura), mentre le risposte non sono sempre pronte ed uguali, ma è necessario che siano univoche tra padre e madre, che si segua la stessa linea educativa.
Altre volte sono proprio i genitori che si devono lasciare aiutare ed educare dai figli. Quando sbagliano devono sapere chiedere scusa e perdono ai propri figli, è sbagliato stare del tempo senza rivolgere la parola ai propri figli per punirli. Non sempre per essere bravi genitori bisogna essere forti perché si può essere ammalati, deboli fisicamente, poveri, ma sempre rispettati e amati dai figli. E’ l’amore esplicito che non si dice soltanto con i regali ma con le parole, con i gesti, con la presenza, con l’interesse, con il proprio tempo, soprattutto quando i figli sono ancora adolescenti.
L’amore è intimo, quando c’è il desiderio di essere ascoltati. Ci si deve fermare per guardare che cosa è bene, per pregare insieme, per ringraziarsi, per commuoversi, per perdonarsi. E’ un bisogno d’intimità innato nella famiglia e la casa non è un ristorante o un albergo dove ognuno rientra all’ora che vuole senza che ci siano momenti d’incontro e di vita in comune.
 
Dina Madau
   
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