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Su trigu cottu" nella tradizione
       
La mattina del primo gennaio, da circa dodici anni, viene riesumata dalla Pro Loco locale un’antica tradizione di Villacidro con la “Festa de su trigu cottu”. Oltre a costituire un’attrattiva per i turisti e per i villacidresi che trovano in essa un diversivo e un motivo per uscire da casa, questa è una valida iniziativa per trasmettere ai giovani la conoscenza di alcune usanze del passato e inculcare il concetto della propria identità, sul quale purtroppo essi non riflettono o che addirittura non avvertono.
Nei primi anni dell’ultimo dopoguerra l’economia di Villacidro si basava ancora prevalentemente sull’agricoltura; in particolare, oltre gli aranceti lungo la Fluminera e lungo gli altri fiumi del territorio, si coltivavano i campi di ulivi e di mandorli e nei terreni poveri d’acqua delle zone pianeggianti verso i paesi limitrofi si privilegiavano le colture di legumi e cereali, specialmente di grano, un prodotto assolutamente indispensabile e prezioso di cui le massaie facevano un uso abbondante ma razionale. In casa si facevano il pane, la pasta e i dolci.
Quando la moneta circolava ancora poco, anche il grano e la farina venivano barattati con altri prodotti ugualmente necessari quali ad esempio lo zucchero, il sale, le prime stoffe leggere, disegnate e non tessute in casa, il caffè. A pensarci quindi non esisteva lo spreco attuale dei prodotti e le risorse economiche disponibili erano davvero poche!
Sicuramente i sacrifici erano tanti in tutti i sensi, la fatica del lavoro ugualmente, probabilmente anche le privazioni soprattutto quando ci si ammalava e non erano disponibili cure e rimedi adeguati, inconsapevolmente si subivano anche ingiustizie e soprusi, ma nonostante tutto, almeno così raccontano gli anziani, le persone si accontentavano del poco che avevano ed erano ugualmente felici. Ancora esse non conoscevano i consumi di massa e i “frutti” dell’attuale progresso ma soprattutto erano ancorate a validi valori, quelli che oggi invece stiamo perdendo, come la religione, la famiglia, il lavoro e il sacrificio, l’altruismo, la solidarietà, la condivisione (ricordiamo “s’aggiudu torrau”), il rispetto dell’anziano e dell’autorità in genere. Il valore della famiglia riguardava tutto il parentado e non solo l’ambito nucleare dei suoi componenti.
“Su trigu cottu” quindi veniva preparato in quasi tutte le famiglie contadine la sera del 31 dicembre, con un procedimento di cottura abbastanza lungo, utilizzando appunto il grano e “sa sapa” prodotta nel periodo della vendemmia. Il giorno di capodanno poi veniva consumato o regalato ai vicini di casa: era un segno ben augurante di felicità e prosperità, un po’ come le lenticchie oggi.
Non sono trascorsi molti anni da quando la vicina di casa, come era solita fare ogni anno fino al suo novantatreesimo compleanno, ci portava in dono al mattino la ciotola di grano cotto da lei preparato. Era davvero buono!
Fare un po’ di memoria sul passato non significa essere nostalgici e poco razionali, nel senso che non si riconoscono i progressi dell’umanità in campo economico, sociale e dei diritti dell’uomo. Il nostro passato deve servirci a capire chi siamo, quali aspetti dobbiamo migliorare e quali invece salvaguardare, ma soprattutto la nostra storia deve servire a darci un indirizzo, un orientamento di sviluppo e di crescita, partendo dalla nostra specificità e identità.
 
Dina Madau
   
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