insieme
         
La solitudine di un barbone
       
Una notizia che i grossi giornali non hanno raccolto perché tanti sono i fatti tragici da comunicare ogni giorno è quella di un giovane di 22 anni, trovato morto dal freddo, accucciato come un bambino tra i binari della Stazione Termini di Roma, per lui stazione ultima della sua via crucis misteriosa. Come in ogni vita, anche in ogni morte vi è un mistero che nasconde sofferenza, errori o scelte. Una grande solitudine doveva essere quella che lo ha fatto rannicchiare in se stesso mentre, ad un passo da lui, tanti partivano per raggiungere la famiglia o per una vacanza. Si chiamava Salvatore, e per qualche settimana si era visto alla mensa della Caritas, poi ha continuato il suo vagabondaggio. Cosa c’era nella sua mente, nel suo cuore? Possiamo pensare di tutto, ma questo fatto ci fa riflettere sulla solitudine di chi ci passa accanto e sulla nostra indifferenza. Se fossi stata lì ed avessi visto questo giovane accucciato fra i binari forse anch’io sarei passata oltre, mentre mi sarei fermata se mi avesse chiesto qualcosa, come ho fatto la settimana scorsa davanti ad una ragazza rumena partita dalla sua terra con la speranza di una vita migliore, mentre il giovane dei binari, chiuso nella sua solitudine, fuggiva da chissà quale realtà, scegliendo la vita errabonda dei barboni. Qualche anno fa, una coppia, Michel e Colette, ispirati alla povertà del Vangelo, con un grande spirito francescano decisero di condividere la vita dei clochard. Senza un soldo in tasca, in una condivisione totale della vita dei senza tetto, non volevano essere né pastori né assistenti sociali, ma vivere come fratelli assieme a coloro che sia per scelta che per disperazione vivono senza dimora, senza affetti. Hanno condiviso la loro vita, rivolgendosi anche alle associazioni perché migliorassero i loro servizi. Era una posizione difficile la loro; richiedeva una grande sensibilità. Non dovevano fare i finti poveri ma aiutare ad aprire nuovi orizzonti, restaurare i legami perduti o deteriorati con la famiglia e con la società. E’ stata per loro un esperienza bellissima, che ha portato i suoi frutti. Lo hanno raccontato in un’interessante libro di testimonianza toccante ed insolita.
 
M. L.
 

 
Gruppo Mission Possible in marcia per la pace
Venerdì 30 dicembre si è svolta a Gonnosfanadiga la 19° Marcia della pace, organizzata dalla nostra Diocesi di Ales-Terralba. Devo dire la verità, personalmente sono partita un po’ scoraggiata. Ho pensato: «Ma a cosa vuoi che servano queste marce?! Sarà una cosa ridicola!». E invece, man mano che la marcia procedeva, ho cambiato idea, radicalmente. Sarà per i numerosissimi partecipanti, con tanto di bandiere, striscioni e cartelloni vari. Sarà perché questi numerosi partecipanti non erano lì per caso o per gioco, ma per dimostrare che veramente la pace è possibile. O sarà perché, al contrario di quello che mi aspettavo, è stata una manifestazione all’insegna dei giovani. Mi sono resa conto che la marcia della pace non è stata una manifestazione inutile o priva di obiettivi, certo non ha posto fine a nessuna guerra, non ha portato giustizia nel mondo, ma mi ha fatto capire, e spero non solo a me, che la pace parte da ognuno di noi. Se noi vogliamo la pace, prima o poi l’otterremo. Un grosso grazie agli organizzatori e ai partecipanti che sono riusciti a far trasparire tutto ciò e ci vediamo alla prossima marcia!
 
Elena Mocci
   
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