Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Dalla parte dei bambini/ il prete dei mutilati

A 50 anni dalla sua morte, Don Carlo Gnocchi è ancora vivo nel ricordo di chi da bambino è stato da lui beneficato e di tutti coloro che nel dopo guerra seguivano con ammirazione la sua grande opera a favore dei bambini mutilati, vittime della guerra e del dopo, per via dei residui bellici che continuavano a far vittime soprattutto tra i bambini. Già negli anni difficili dell’anteguerra in cui le associazioni cattoliche venivano soppresse o perseguitate dal regime, Don Carlo, prete di grandeDalla parte dei bambini  il prete dei mutilati forza e carisma, si dedica all’educazione e alla formazione dei giovani secondo gli ideali cristiani. Sull’esempio di Don Bosco, Don Carlo aveva a cuore gli oratori, di cui diceva: “Un tempio parrocchiale senza l’oratorio finisce facilmente per rimanere deserto”. Per poter svolgere la sua opera di prete-educatore si inserisce come cappellano in tutte le organizzazioni fasciste, difendendo con coraggio e tenacia il suo portare a Cristo i giovani, quei giovani che erano là, dove li aveva inquadrati il fascismo. Mentre Mussolini parla di forme nuove di civiltà Don Carlo sovrappone il suo pensiero: “A noi spetta di far si che siano mete di civiltà cristiane”. Mancano 10 anni alla guerra e il regime non aveva scoperto ancora tutte le sue carte con le sue tragiche conseguenze. La guerra vedrà Don Carlo impegnato come cappellano degli alpini nelle campagne di Albania, Grecia e infine nella sciagurata campagna di Russia. L’asprezza e la durezza della guerra trova il suo doloroso epilogo nella ritirata degli italiani dalla Russia. Nella steppa sconfinata, in procinto d’esser fatto prigioniero fece il voto di dedicarsi alle vittime della guerra. Con i superstiti trova rifugio in una chiesa sconsacrata e là tra moribondi e sofferenze inaudite, a 40° sotto zero, nel gennaio del ’43 si consuma l’ultimo atto della folle campagna di Russia. Al suo ritorno, l’Italia è uno sfacelo totale, da buon lombardo, Don Gnocchi bussa alla porta di grandi famiglie: Invernizzi, Falk, Toscanini e De Gasperi. Sorgerà così la sua Baracca come lui chiama il primo rifugio per i bambini mutilati, abbandonati e orfani. Sente che questa strada è ciò che Cristo vuole da lui. L’8 dicembre arriva alla Baracca il primo mutilatino, Bruno Castoldi, orfano di padre, ha perso le braccia mentre falciava l’erba per i conigli, urtando una bomba con il falcetto. A mezzogiorno ne arrivano altri 6 e prima di sera sono già 28. Ogni bambino ha la sua triste storia. Arriva una giovane mamma, invecchiata dalla fame e dal dolore, che aveva dato tutto per salvare il suo bambino di 8 anni privo di una gamba, a medici specialisti. Arrivata alla Baracca affida così la sua creatura a Don Carlo, e sparisce per sempre. I bambini che arrivano alla Baracca sono mutilati nel corpo, nello spirito e tanti devastati anche dalla poliomelite. Egli offre tutto il suo amore, la sua intelligenza per il recupero psicologico, per restituire la gioia di vivere dando ai bambini la possibilità di imparare a muoversi con i propri handicap, dato che in quegli anni la scienza della riabilitazione offriva scarso recupero motorio. Inoltre, organizza centri d’istruzione e formazione professionale coinvolgendo molti in una grande gara di generosità. Alla Baracca fa seguito, nel 48, la Fondazione Pro Infanzia Mutilata. Alla fine del 48 i mutilatini sono 275 con 5 centri di accoglienza in varie città, non c’è più l’emarginazione dei primi tempi. Don Carlo è instancabile e inizia ad avere i primi riconoscimenti ufficiali, ma ciò che desidera di più è una vita normale per i suoi bambini menomati.
Don Gnocchi fu un precursore nella cura delle disabilità e un pioniere nella donazione degli organi, “un imprenditore della carità” dice di lui il Cardinale Martini, ma dopo esser scampato alla guerra e aver dedicato tutte le sue energie agli sfortunati, muore ancora giovane all’età di 54 anni, nel 1956. La sua generosità andrà oltre la morte donando le proprie cornee a 2 giovani. Il fatto, lo ricordo, fece grande scalpore in tempi in cui i trapianti erano avveneristici e non ancora legalizzati. Oggi ci sono tante altre disabilità e lo spirito di Don Carlo, ora beatificato, ispiri le persone di buona volontà ad operare e insegnare ai bambini a giocare…anche con le stampelle.

 

Mariolina Lussu

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