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I Cristiani e il digiuno

Approfitto dei momenti di pausa che il lavoro di ufficio mi concede per buttare giù queste riflessioni per il Sottovoce di marzo. E’ la mattina del mercoledì delle ceneri, per i credenti cristiani giorno di astinenza e digiuno perché inizia la Quaresima. Mi chiedo: “Quanti se ne saranno ricordati? Quanti l’avranno osservato? E quanti ancora, a queste mie domande, reagiranno con un sorriso di compassione, come a dire: “Come fai a credere ancora a queste cose?”. Già – replico a me stesso – perché mai proporre un giorno di digiuno per motivi religiosi? Questo accadeva nell’antichità, ma oggi! In Italia, infatti, - e non solo, - ormai vanno di moda altre forme di digiuno. Ad esempio, risultano in aumento i digiuni per rivendicazioni politiche (vedi Pannella) o sociali (operai disperati in difesa del lavoro) o, meglio ancora, per motivi estetici (i moltissimi che della dieta per mantenere la linea hanno fatto una ragione di vita). Oltre a questi, mi vengono in meno anche quei digiuni continuati e distruttivi ai quali vengono costrette nel mondo centinaia di milioni di persone che non possono contare neppure sul minimo indispensabile per la sopravvivenza e che ogni giorno muoiono di fame, ma questa, molte volte, sembra una faccenda che non riguarda la nostra società opulenta, ma gli sfortunati di altre aree geografiche che ci siamo abituati a chiamare “Terzo Mondo”. Di fronte alla loro indigenza, un nostro digiuno anche se fosse solo a pane e acqua (naturalmente con il primo fresco e la seconda pulita!) per immense moltitudini di esseri umani sarebbe già un lusso.
E così mi rendo conto che per noi la pratica del digiuno ha ormai assunto i contorni dell’ambiguità e del rischio e che occorre riqualificarla riscoprendo le motivazioni che la rendono ancora opportuna e arricchente sul piano del dominio di se stessi e dell’apertura al Trascendente e cioè all’incontro con Dio. Bisogna individuare cioè forme alternative alle proposizioni del passato. “E’ forse questo il digiuno che bramo? … Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: … rimandare liberi gli oppressi, dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, …?” (Isaia 58,5-7). Già nell’Antico Testamento, Dio metteva in guardia dal ridurre tutto a gesti formali che però non cambiano il cuore e la vita. Ciò vale anche per noi. I modi e i contenuti del digiuno vanno rinnovati perché la loro azione si riveli efficace. Ad esempio, perché non digiunare dal fumo, se si è fumatori, dall’alcol, se si ha l’abitudine di bere, dalla televisione, se si sta incollati a essa per ore, dal navigare su internet, se questo provoca dipendenza, da letture e spettacoli violenti e volgari, se non aiutano a crescere liberi? E l’elencazione potrebbe continuare fino ad individuare quella che fa per tutti. Di fronte alla preziosità di questi consigli, nessuno può con leggerezza rifiutarli quasi si trattasse di storielle per bambini. I valori presenti nella saggezza antica hanno sempre individuato nella volontà della persona e nella sua capacità di non lasciarsi travolgere dal consumismo materialista la strada maestra da percorrere per vivere in armonia con se stessi, con gli altri e con Dio. Inutile dunque ostinarsi a cercare le risposte alle proprie inquietudini soltanto nel qui e ora della propria esperienza, o in quello che si possiede o che si desidererebbe. Per affrontare il male che ognuno si porta dentro e dominarlo, bisogna combattere l’assuefazione e tutto ciò che porta a farsi un’immagine falsa e irreale della vita e del mondo.

Don Giovannino

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