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Il passato e la memoria

La memoria, il vissuto della nostra vita nessuno può illudersi di cancellarla con un colpo di spugna. Nel tempo le nostre personali vicende diventano il nostro passato. Per chi non lascia un’opera importante che li ricordi ai posteri lascerà comunque una impronta di sé nei discendenti, nell’ambiente in cui è vissuto, impronta segnata dai valori in cui ha creduto nel bene e nel male. A due settimane dalla giornata della Memoria dedicata all’olocausto, l’anno scorso si è scelto il 10 febbraio per celebrare il giorno del ricordo per la tragedia delle Foibe su cui era calato un colpevole silenzio per via delle troppe implicazioni politiche. Territori conquistati o persi, la sanguinosa repressione del regime di Tito hanno segnato il tempo delle foibe in cui uomini, donne e bambini d’Istria furono uccisi e gettati nelle Foibe perché italiani e quindi colpevoli della politica fascista. Il termine foiba deriva dal latino FOVEA che significa fosso, buco, cavità, inghiottitoi a forma di imbuto spesso usate come discariche. Il territorio carsico è solcato da queste gole profonde che alla seconda guerra mondiale sono state usate come fosse per migliaia di vittime dell’odio razziale e politico. A monte di questa tragedia vi sono motivazioni che meritano un discorso a parte, confini mutevoli dell’Italia e della Iugoslavia a seconda degli occupanti, tedeschi, slavi di Tito, occupazione alleata, confini e inclusioni sanciti dai vari trattati politici. Le foibe per la loro conformazione geologica arrivano fino a 200 metri di profondità mentre sulle alture di Trieste tra le foibe più note era un pozzo scavato per il carbone ai primi del novecento profondo 256 metri. Tra l’autunno del 1943 e l’estate del ’45 migliaia di abitanti di Trieste, del Goriaziano, della Dalmazia in gran parte italiani ma anche sloveni, croati, tedeschi vennero infoibati ovvero legati a due a due con fil di ferro, malmenati e gettati nelle buie e profonde cavità. Nella eliminazione di soldati e civili italiani oltre che per pulizia etnica vi erano vendette personali e rivalse. Sul numero delle vittime la ricerca storica non ha ancora una conclusione che non sia strumentalizzata dalle dispute ideologiche. Ma pare siano sull’ordine di centinaia di migliaia. Noi, popolo sardo, eravamo di certo ignari di quello che succedeva sia nei lager tedeschi, nei gulag russi e nelle foibe istriane. Su questi fatti è calato il silenzio anche degli storici poiché era difficile recuperare prove e documenti di una parte della storia tragica e confusa per le grosse implicazioni politiche e geografiche. Il nostro presidente ha concesso nel “giorno del ricordo” una medaglia d’oro alla sorella di Norma Cossetto uccisa nelle Foibe colpevole di non avere voluto collaborare con i partigiani Titini. Il padre fù assassinato per aver cercato la figlia . La madre venne svegliata dalla voce di Norma che la invocava disperatamente, più tardi si seppe che era l’ora in cui Norma veniva gettata nelle foibe pare, ancora viva. La più recente testimonianza ci viene dall’unico sopravvissuto Graziano Udovisi, la sua vicenda umana l’ha raccolta il giornalista Girardo a cui Graziano racconta: “sessant’anni fa mi sono buttato in una foiba e mi sono salvato. Io quella foiba la vivo ancora, una parte di me non è riemersa, io mi sento là sotto”. Graziano legato ad un altro con il fil di ferro si gettò nella foiba prima che gli arrivasse la mitragliata facendo un volo di cinque metri e cadendo nell’acqua. Feriti, semi nudi attaccati ad uno sperone di roccia, riuscirono a salvarsi e dopo giorni e peripezie tornare a Pola. A scoprire la prima foiba fu un ragazzo di Albona che da qualche giorno cercava il padre scomparso, si imbattè in una cavità di solito abitata dai colombacci che non c’erano più perché fuoriusciva un odore acre di morte. E così si cominciò a scoprire il mistero delle persone scomparse. Ma la confusione di quel tempo e l’anarchia rendevano difficile la ricerca: i soldati italiani allo sbando, i tedeschi divenuti nemici di nuovo alle porte, insurrezioni dei contadini croati impadronitisi delle armi dei militari italiani in fuga dando vita ad una grande rivolta. Era una occasione per vendicare i torti del ventennio fascista.

Mariolina Lussu

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