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Le ragioni della speranza

Agli inizi del secolo scorso, il sociologo Max Weber osservava acutamente che lo stile di vita degli uomini è determinato dall’economia e dalle sue leggi. La preoccupazione per i beni esteriori va sempre più condizionando le esistenze e le culture, mentre i valori etici sembrano irreversibilmente perdere di significato normativo, alla pari di tutte quelle istituzioni – compresa la Chiesa – che invitano a cercare fuori di se stessi le risposte più vere agli interrogativi della coscienza.Le ragioni della speranza Da qui il diffuso disincanto nei confronti dei grandi ideali e la diffidenza sull’utilità di andare oltre quello che si può conquistare con le proprie forze e conoscere grazie alla propria intelligenza. Per dirla con parole più semplici, impegnarsi nella ricerca della verità, è ritenuto inutile perditempo che non arreca benessere e non risolve i problemi contingenti del quotidiano. Ognuno, alla vita, dà il senso che vuole. Non c’è più il sole che illumina chiunque e dovunque, ma tante, minutissime luci, quanti sono gli uomini. Ecco allora il pluralismo e, spesso,la tragica inconciliabilità tra le innumerevoli soggettività che, ovviamente, non possono risultare valide per tutti allo stesso modo. Alla scienza e alla cultura non è più richiesto di favorire la ricerca di un senso che risulti vero e normativo per tutti, ma soltanto di garantire a ogni persona la possibilità di pensare in proprio. Quando però vengono a mancare valori e certezze vincolanti, è facile cadere nell’individualismo e, quindi, nella incapacità di condividere progetti, idealità e impegni. Il risultato è che l’uomo del nostro tempo ha finito per ritrovarsi sempre più solo, e questa chiusura gli impedisce anche di aprirsi con fiducia agli altri e al futuro. Si vive, ma come senza speranza. Al credente, più che di rifuggire da questa realtà, è richiesto di ritrovare ragioni di speranza da tramutare in ragioni di vita. Perché questo accada, è doveroso rimettersi in ricerca; e questo esige la fatica della mente e l’apertura del cuore, la capacità di rimettere costantemente in discussione se stessi e le certezze che ci si è costruite, ed infine la disponibilità a riprendere il cammino, non da soli, ma insieme agli altri. Credo che soprattutto in questo mese di novembre, nel quale più evidente si presenta l’evento della morte che tutti ci accomuna, sia legittimo chiedersi: “ Quanto durerà, ancora, la notte?”

Don Giovannino

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