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Il Codice da Vinci, perchè tanto successo?

I dati ufficiali (che risalgono al 2005) dicono che il libro di Dan Brown Codice da Vinci ha fatto registrare una vendita di 1 milione e 400.000 copie in Italia e di 25 milioni nel mercato internazionale. Le stime per il 2006, invece, indicano in circa 40 milioni il totale di copie vendute nel mondo, di cui 2 milioni e 800.000 nel nostro paese. Si tratta di cifre record che evidenziano uno straordinario successo di pubblico. Come si ricorderà, il regista Don Howard ha, poi, tradotto il romanzo in linguaggio cinematografico, presentando la sua opera all’ultimo Festival di Cannes con una grande operazione pubblicitaria. Anche il film ha fatto registrare incassi eccezionali, soprattutto nei primi mesi di proiezione. Da notare che il successo della trasposizione filmica è stato più evidente nella nazioni europee a più forte tradizione cattolica, come Spagna e Italia, e meno negli Stati Uniti che lo hanno prodotto. Va anche detto che il libro ha avuto più fortuna della versione cinematografica, anche se di fatto si può parlare di una forte collaborazione mediatica tra i due prodotti. Infatti, la popolarità del libro ha contribuito a suscitare interesse e attesa per il film, mentre questo, a sua volta, ha rilanciato le vendite del volume. Siamo, come si vede, di fronte ad un eccezionale fenomeno che ha coinvolto un pubblico di lettori assai diversificato: dagli abituali consumatori di romanzi a quelli tradizionalmente più colti ed esigenti. Si noti che lo straordinario successo, lo scrittore inglese, lo ha conseguito nonostante il giudizio negativo della critica che, nella quasi totalità dei casi, - e non solo in Italia,- ha liquidato il suo romanzo definendolo brutto e mediocre. Ma perché, allora, tanta fortuna? Innanzitutto va ricordato che Dan Brown ha beneficiato di una imponente strategia di marketing. In parole più semplici, questo vuol dire che egli ha saputo pubblicizzare il libro rendendolo accattivante, un po’ come avviene per i beni consumistici che con abilità suadente propone la pubblicità. In un secondo momento la diffusione l’hanno fatta gli stessi lettori che non si sono stancati di esibirlo e di consigliarlo, anche se magari lo criticavano. Si è così verificato quello che solitamente accade quando sul mercato viene lanciato un prodotto che diventa subito popolare. La corsa all’acquisto si tramuta in bisogno da soddisfare immediatamente sia per risultare alla moda che per non apparire diversi dagli altri. Senza dimenticare che un simile meccanismo di diffusione ha finito per coinvolgere anche chi, più semplicemente, lo ha acquistato perché mosso dalla curiosità di capire che cosa gli altri ci avessero trovato di tanto interessante. In quanto novità, il libro è poi diventato anche oggetto di regalo. Chi lo donava avvertiva di apparire persona aggiornata e preparata. Insomma, il prodotto ha finito per propagandarsi da solo e in maniera molto felice. Perfino le polemiche e i boicottaggi hanno contribuito ad accelerarne la diffusione. C’è infine un’altra causa che spiega la fortuna di questo romanzo ed è l’abilità dimostrata da Dan Brown nel miscelare il giusto dosaggio tra l’argomento trattato, lo stile fascinoso e la capacità di farsi leggere. A questo punto, credo appaia chiaro che la fortuna del libro (e del film), non deve e non può essere interpretata come una dimostrazione della qualità del prodotto. Il successo non va ricercato nel valore letterario e artistico dell’opera, ma nell’aver saputo coinvolgere lettori e spettatori che erano alla ricerca di risposte a domande ed interrogativi che toccano in profondità l’esistenza. Il libro, ovviamente, non poteva averne lo spessore, ma illusoriamente è riuscito a farlo credere. La bontà dei contenuti e i pregi stilistici sono altra cosa.

M.Rita Marras

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