Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Santa Barbara Villacidro
                   
               
 
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Beato Carlo Spinola

Carlo Spinola, figlio di Ottavio dei conti di Tessarolo, nacque nel 1564, non si sa bene se a Genova oppure a Praga, dove il padre era al sevizio di Rodolfo II d’Asburgo. Trascorse la sua giovinezza, ospite dello zio Filippo vescovo di Nola, impegnandosi negli studi classici e nelle pratiche dell’arte cavalleresca. A 20 anni, saputo del martirio del gesuita Rodolfo Acquaviva in India, entrò in crisi d’identità, che sfociò nella scelta di entrare nella Compagnia di Gesù. Fece il noviziato a Napoli e a Lecce, sotto la guida di S. Bernardino Realino, ed ebbe come compagno di studi S. Luigi Gonzaga. Compiuti gli studi filosofici e teologici, venne ordinato sacerdote nel 1594 a Milano. Due anni dopo, nel 1596, nonostante la contrarietà della famiglia, chiese ed ottenne di partire per le Missioni in Giappone. Partì il 10 aprile, ma il viaggio ebbe una sorte avventurosa. Una tempesta lo portò sulle coste del Brasile, dove venne imprigionato dagli inglesi che lo trasferirono in Inghilterra. Ritornato libero, ripartì con il compagno Angelo de Angelis, per il Giappone, dove giunse a Nagasaki nel 1602, dopo un viaggio altrettanto tormentato per una grave malattia che lo colpì e dopo aver toccato i porti di Goa e Macao. Per 11 anni, operò un intenso apostolato nelle regioni di Arie e Meaco, istituendo una efficace scuola di catechisti e convertendo, battezzandoli, circa cinquemila giapponesi. Fu nominato procuratore della provincia gesuitica e poi vicario del padre Provinciale Valentino Carvalho, nel 1611. Allo scoppio della persecuzione contro i cristiani, nel 1614, dovette vivere in clandestinità sotto falso nome. Non ubbidendo all’ordine di espulsione e cambiando in continuazione il domicilio per non essere scoperto, espletava la sua missione sacerdotale di notte, girando nelle case dei cristiani, confessando, insegnando e celebrando la Messa, finché, dietro una segnalazione, fu sorpreso il 14 dicembre 1618. Insieme al catechista Giovanni Kingocu e ad un altro cristiano, Ambrogio Fernándes, stava nella casa di Domenico Jorge, il quale morirà martire un anno dopo, mentre sua moglie Isabella e suo figlio Ignazio, vennero arrestati ed imprigionati insieme a padre Carlo Spinola e gli altri. Trascorse quattro lunghissimi anni in prigione, in condizioni disumane, insieme ad altre vittime della persecuzione scatenata dallo ‘shogun’ Ieyasu e dai suoi successori. La causa era da ricercarsi nella gelosia dei numerosi bonzi buddisti, che minacciavano la vendetta degli dei locali, negli intrighi dei calvinisti olandesi, nel timore di un eccessivo influsso della Spagna e Portogallo di cui i missionari erano ritenuti emissari. Si calcola che nel 1614 allo scoppio di questa persecuzione, i cristiani giapponesi fossero diventati circa trecentomila. Questa persecuzione durò per molti decenni facendo numerosissime vittime fra i missionari europei e fra gli stessi fedeli, la cui comunità venne quasi completamente distrutta. Ai prigionieri come Carlo Spinola, non venne concessa che una sola coperta e nient’altro, come cibo un po’ di riso e due sardine, giusto per tenerli in vita, ma senza soddisfare la fame e costretti a restare in un tugurio estremamente sporco. Il padre gesuita, nonostante fosse affetto per molto tempo da varie malattie, fu di conforto continuo ai suoi compagni di prigionia appartenenti anche ad altri Ordini religiosi, accolse nella Compagnia di Gesù, in quelle condizioni, quattro catechisti giapponesi. Agli inizi di settembre 1622, fu preso insieme ad altri 23 compagni di prigionia e condotto a Nagasaki, per ordine del governatore Gonrocu. Lì, unito ad altri provenienti dalle locali carceri, fu messo a morte. Il 10 settembre 1622, ne furono arsi vivi sulle colline 22 e altri 30 decapitati. Carlo Spinola fu bruciato a fuoco lento, ma per le sofferenze che già l’avevano debilitato, morì per primo. Già legato al palo intonò il canto di lode a Dio e rivolgendosi ai magistrati giapponesi dichiarò che la sua presenza in Giappone era dettata solo dall’amore di annunciare il Vangelo e da nessun interesse umano. Salutò la vedova Isabella e il figlio Ignazio da lui battezzato, che stavano subendo il martirio insieme a lui. Le sue ceneri furono disperse in mare. Papa Pio IX, il 7 luglio 1867, lo beatificò insieme ad altri 204 martiri che avevano dato la vita per Cristo in quella terra lontana.

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