Diocesi di Ales - Terralba


chiesa del rosario


 

 

L'Oratorio del Rosario, dirimpetto alla chiesa parrocchiale di S.
Barbara, per circa trecento anni è stato la sede dell'omonima
confraternita istituita ai primi del Seicento e ancora oggi operante. L'edificio odierno conserva però ben poco dell'antica struttura, un tempo sicuramente di minori dimensioni. La chiesetta è caratterizzata dal loggiato addossato alla facciata, ricostruito negli anni '90 del secolo scorso per sostituire l'antico crollato nel 1960 a causa della neve. Il presbiterio è sovrastato da una cupola ottagonale risalente alla metà del XVIII sec. e realizzata su model lo di quella della Cattedrale di Cagliari. Dal 1998 l'Oratorio ospita il museo della Parrocchia di S. Barbara. La raccolta ci permette di ricostruire il clima socio - culturale di Villacidro dal XVI sec. fino a oggi e rivela una committenza vivace e varia attenta agli esiti artistici sia sardi che extrainsulari. Sono presenti arredi liturgici e altri legati alla pietà popolare, in particolare manufatti in argento e simulacri lignei.
Molto significativo anche il secchiello per l'acqua benedetta. Tra le statue lignee non si possono dimenticare i due Crocefissi XV – XVI sec.); S. Antioco (XVII sec.); S. Giuseppe (XVII sec.); la Vergine del Rosario e S. Raffaele Arcangelo, entrambe del Lonis.
(a cura degli alunni della Scuola Media "Loru-Satta" - 2012)


Il piccolo edificio religioso si affaccia nella Piazza Santa Barbara, antistante la bella parrocchiale intitolata alla stessa Santa e realizzata secondo canoni tardo-gotico sardo-catalani, ed il suggestivo Oratorio delle Anime del Purgatorio, costituito tra il 1724 ed il 1738. Non si hanno notizie sulla data del suo primo impianto, presumibilmente contemporaneo alla costituzione della Confraternita. I registri contabili di quest'ultima, il più antico dei quali risale al 1634, riferiscono soltanto di lavori effettuati nel 1680-87 e riguardanti principalmente il tetto e la manutenzione della loggia addossata alla facciata. L'edificio odierno conserva però poco dell'antica fabbrica, certo di minori dimensioni; lettura stilistica e documenti d'archivio rivelano infatti chiaramente come esso sia il risultato di trasformazioni attuate nel corso dei secoli e, quindi, dettate da sentimenti artistici differenti. Del primo impianto rimangono i muri perimetrali dell'unica navata e la tersa facciata, conclusa, secondo modi propri al tardo-gotico sardo-catalano, da un terminale piatto privo oggi della tradizionale merlatura, in origine presumibilmente esistente. A metà Settecento risalgono, invece, la volta dell'aula e l'ampio presbiterio, entrambi barocchi. La prima è a botte e nasce da una cornice modanata che aggetta in corrispondenza dei due sottarchi a tutto sesto che ritmano lo spazio e continua, senza soluzione, sino all'imposta che immette nell'ampia e quadrata cappella presbiteriale. Sovrasta il presbiterio una cupola derivante da quella della cattedrale di Cagliari, realizzata nella seconda metà del secolo XVII. Essa è ottagonale come la lanterna che la conclude ed il tamburo su cui grava, il quale si raccorda al quadrato di base tramite pennacchi triangolari. Di questi lavori riferiscono circostanziate notizie d'archivio. L'ampliamento dell'oratorio ebbe inizio nel 1740, dopo che, il 29 giugno, Vincente Cabriolu e Lucifero Carta, clavari della Confraternita, stipularono, col maestro muratore cagliaritano Ephis Rubiu, un contratto rogato a Villacidro dal notaio Ignazio Machoni Corda. Con esso il Rubiu si impegnò alla costruzione dell'arco d'accesso al presbiterio (previa la demolizione del precedente) e del presbiterio stesso, compresa la cupola, il quale si doveva ampliare fino a confinare con la casa vicina appartenente al venerabile Antonio Piras. Il lavoro si concluse entro tre mesi e costò 265 scudi, pari a 662 libbre. Los cantos arrivarono dalla piazza cagliaritana antistante il Collegio del noviziato degli Scolopi; mentre i ladrillos necessari furono comprati a Vallermosa da Salvador Pisano. Come risulta dai registri cintabili della Confraternita, i lavori por la fabbrica del oratorio continuarono sino al 1754, affidati ancora ad Ephis Rubiu e poi ad Anton Piras e Francisco Marongiu: si acquistarono carri di pietre e di terra, mentre altri ladrillos arrivarono da San Gavino, trasportati da Anton Pipedda; si comprò sabbia, calce da Guspini e travi, lavorate da fray Ephis capuchino carpintero de Iglesias. Si realizzò la boveda della navata ed il tetto in tegole, per il quale Francisco Pittau ed Anton Sana lavorando sei giorni. Sovrastante la facciata venne innalzato il campanile a vela che venne poi dotato di una nuova campana e di una Croce. I lavori continuarono nella sagrestia per la quale si realizzò una nuova porta. Infine, montati due portali di ginepro, realizzati a Santa Maria, e la piccola acquasantiera marmorea proveniente da Cagliari e ancora esistente a destra dell'ingresso principale, nell'aprile del 1754, Joseph ed Anton Casu eseguirono ulteriori lavori para la y colunas; sempre il loggiato venne dotato, nello stesso anno, di un inferriata realizzata dal carpintero Anton Ignacio Melis. Nei primi decenni dell'Ottocento l'edificio religioso fu ulteriormente trasformato. Come riferisce il 15 dicembre del 1804 il notaio Francesco Cannas, Anton Cabriolu e Anton Guiso, aitati dai loro manovali, tutti di Villacidro, ampliarono la Sacrestia che assunse così le dimensioni attuali. Tra il 1819 ed il 1820 si ingrandì anche al loggia e quindi Joseph Marras ne rifece la copertura a capriate che fu praticamente ricostruita dopo o gravi danneggiamenti causati dalla nevicata del 1956. Parte delle sue colonne sono attualmente custodite nel museo.

 

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