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Rischiamo di essere tutti vittime della strada
 

Patente a punti e campagne di sensibilizzazione, in Italia, pare non siano servite per ridurre in maniera netta le morti delle strade. Governo, Polizia di Stato e Associazioni di categoria, da tempo, promuovono iniziative sulla sicurezza stradale. Da undici anni, si celebra anche la “Giornata europea delle vittime della strada” per sollecitare un cambiamento nei comportamenti irresponsabili che restano la prima causa di incidente, da noi come nelle altre nazioni. Nonostante questa attenzione, tuttavia, gli sforzi in atto continuano ad essere vanificati dall’inarrestabile, tragica catena di incidenti che quotidianamente insanguinano le strade con un impressionante numero di vite spezzate, di invalidi e di famiglie sconvolte, senza dimenticare – benché secondario rispetto al primo - l’ingente danno economico che ne scaturisce per l’intera società. Pare proprio che all’Italia spetti, in Europa, il triste primato di morti e di feriti. Secondo l’Istituto Statistico dell’Unione Europea, per esempio, la città di Roma, nel 2004, ha fatto registrare la percentuale di gran lunga più alta di incidenti stradali tra tutte le capitali europee con 8,37 morti e feriti gravi, ogni mille abitanti. Lontanissime seguono Copenaghen (1,47), Londra (0,85), Berlino (0,59) e Parigi (0,40). Ora, se consideriamo che i dati delle altre città italiane non si discostano di molto da questi di Roma, comprendiamo quanto da noi la situazione stia diventando insostenibile con un divario, rispetto agli altri Paesi dell’occidente che appare intollerabile. Già nel 2000 il Parlamento Europeo chiese all’Italia di impegnarsi a dimezzare le vittime della strada nell’arco di un decennio. I dati del 2004, sopra riportati, tuttavia, risultano di gran lunga peggiori rispetto al 2000. Ora ci si aspetta qualche aggiornamento della Legge 102, approvata dal Parlamento italiano circa un anno fa e che ha inasprito le pene per chi causa incidenti stradali e previsto processi più rapidi. Forse è anche una questione di mentalità e cultura. Il problema delle morti sulle strade può essere affrontato e in gran parte risolto a patto che ci sia la volontà di farlo. Penso, ad esempio, ad una più efficiente segnaletica, all’introduzione delle rotatorie al posto dei semafori e ad una più sistematica sorveglianza dei tratti stradali maggiormente a rischio, magari con l’installazione di telecamere. C’è ancora indubbiamente molto da fare sul fronte dell’ammodernamento e dell’innovazione sulla rete stradale nazionale. Questa battaglia, però, avrà successo soltanto se anche noi cittadini ci adegueremo alle regole e ci caleremo nella cultura della legalità. L’educazione stradale non va solo promossa, ma tradotta dai destinatari, - ovvero gli automobilisti, - in guida prudente ed attenta. Si sa che l’età delle persone coinvolte in incidenti, per oltre il 50% dei casi, vede responsabile la fascia dei guidatori più giovani. E’ da incoscienti rischiare la propria e l’altrui vita per il gusto del brivido, della velocità, dell’ebbrezza, della spericolatezza. La bravura non la si dimostra sfidando il pericolo, ma con la prudenza e il rispetto scrupoloso delle norme del codice della strada. Il piacere della guida deve, dunque, avvenire nel segno della sicurezza e dell’amore per la vita. L’alternativa è quella tragica, di continuare a disseminare di croci i cigli delle nostre strade.

 

M.Rita Marras

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