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I paradossi della vita
 

Con frequenza mi riaffiorano alla mente due titoli di temi che l’insegnante assegnò alla mia classe quando ero studentessa alle superiori. Si tratta di affermazioni che allora mi sembrarono contraddittorie e che oggi, invece, scopro estremamente vere e attuali. Gli argomenti che ci diedero da sviluppare erano questi: “Il progresso, talvolta, porta al regresso” e “Quando lo sport genera violenza”. Allora, forse, non ne compresi appieno il significato, al contrario di quanto il corso della vita mi ha fatto poi toccare con mano. Erano gli anni del boom economico che consentirono all’Italia di rialzarsi dagli effetti devastanti della guerra e di raggiungere una notevole crescita in tutti i settori, permettendo così alle masse povere di conseguire un tenore di vita più dignitoso e confortevole. Il progresso veniva da tutti accolto e vissuto con grande ottimismo e soddisfazione. L’idea che potenzialmente potesse tramutarsi in regresso appariva quindi impensabile e fuori da ogni logica. In tutti i campi i miglioramenti risultavano evidenti: televisore, frigorifero, lavatrice e automobile diventarono il simbolo di un benessere a portata di mano, facile da raggiungere per quasi tutti. Perché mai dubitare della sua positività? Perchè essere perplessi riguardo alle straordinarie possibilità che offriva per un futuro ancora più agiato? Nei decenni successivi il progresso conobbe una crescita ancora più travolgente, rapida e frenetica e a partire dagli anni ottanta questa tecnologia in continua e incessante evoluzione ha finito per generare una nuova tipologia di consumatore sempre inquieto e insoddisfatto. Molti, infatti, si lasciano sopraffare dalle novità di mercato diventando schiavi dei bisogni che altri ad arte procurano. L’uomo diventa sempre più attratto e condizionato da ciò che la scienza gli offre, con il risultato di non essere mai contento. Dal punto di vista ambientale, poi, i risvolti del progresso risultano ancora più preoccupanti. Basti pensare all’inquinamento, allo stravolgimento in atto dell’ecosistema, all’incremento di malattie finora sconosciute, al problema immane dello smaltimento dei prodotti di una tecnologia ormai superata. Potremmo dire che le maggiori difficoltà per il futuro del pianeta e quindi della stessa umanità derivano proprio da un progresso che sembra sfuggito di mano. Dovremmo allora concludere che si stava meglio quando si stava peggio? Certamente no! Nella nostra cultura, però, si è verificato un legame estremamente pericoloso, tra tecnologia da una parte e strategie di mercato dall’altra. La tecnica, di per sé, non è né buona né cattiva. A renderla utile o negativa è l’utilizzo che ne fa l’uomo. La legge del profitto, poi, non sempre si dimostra attenta alla salvaguardia della natura e al benessere autentico della persona umana proiettata com’è a produrre sempre cose nuove in funzione dell’avere e del guadagno. Questo progresso, come già sosteneva il tema propostomi, col passare degli anni ha messo in luce un risvolto negativo che può definirsi “regresso”, da cui tutelarsi prima che sia troppo tardi. C’è da sperare che l’intelligenza dell’uomo sappia ancora una volta orientare e utilizzare meglio la tecnologia nel pieno rispetto delle leggi che governano questo nostro mondo.
E lo sport? Soprattutto quello che ruota intorno al calcio soffre di “mal gestione” e i suoi effetti negativi sono a tutti noti. La violenza è l’esatto contrario del vero spirito dello sport che invece presuppone sana competizione, accettazione delle sconfitte, confronto leale con l’avversario. Mi piacerebbe approfondire con la maturità di oggi questo argomento, ma lo spazio non me lo consente. Tuttavia, mai come questi ultimi anni ho capito che un certo modo di fare sport può davvero generare violenza e non solo a causa di chi lo pratica, ma soprattutto per colpa di chi lo segue animato da un tifo aggressivo, arrabbiato e violento che nuoce, come stiamo vedendo, al concetto stesso di sport. Se esso non favorisce il benessere fisico e psichico per chi lo esercita e piacevole divertimento per la sua spettacolarità a chi lo segue, è privo della sua essenza e peculiarità.

 

M.Rita Marras

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