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Famiglie con malati di mente: solitudine e impotenza
 

Non sono un operatore del settore e neppure un esperto, ma in questo Sottovoce desidero soffermarmi a riflettere sul tema dei malati di mente e sulla legge (la 180) che da trent’anni regola l’approccio a questa malattia da parte della sanità pubblica. Ne parlo, partendo dalla mia limitata e, certo, parziale ed episodica conoscenza dei problemi. Le mie considerazioni si fondano sull’esperienza maturata con il contatto con famiglie che vivono quotidianamente questo dramma tra le mura domestiche. Dico anche che intendo leggere la situazione ponendomi proprio dalla parte dei familiari che, senza interruzione di tempo e di tensione, giorno dopo giorno e per anni e anni, si trovano a dovere fronteggiare situazioni a volte davvero pesanti tra l’insensibilità generale di una società che non ha più né tempo, né interesse per la solidarietà. A questo, non di raro, si aggiunge anche l’impressione (solo questo?) di non poter contare neppure su una efficace assistenza e sostegno da parte delle strutture socio-sanitarie presenti nel territorio e a ciò deputate e dalle quali, almeno in certi momenti, ci si sente come abbandonati, anche se riconosco di dovere rendere merito alla professionalità e alla dedizione con cui, tanti specialisti, si pongono al servizio di questi disagiati.
Come si sa, la legge che definisce le strategie di intervento nei confronti della malattia mentale trova la sua più importante ispirazione nei principi socio-sanitari e metodologici elaborati dallo psichiatra Franco Basaglia giusto trent’anni fa. L’innovazione più conosciuta fu la chiusura dei manicomi. A distanza di tre decenni, però, sono tanti ormai ad invocare sostanziali innovazioni che consentano di guardare con più realismo alla situazione concreta. Ci si accorge infatti che l’assistenza si dimostra molto carente sia nei confronti delle famiglie che si trascinano la croce di un congiunto malato mentale e sia degli stessi pazienti soprattutto in presenza di particolari patologie. Pensiamo, ad esempio, al caso molto diffuso in cui il malato si rifiuta di prendere i farmaci. Nessuno, ovviamente, ha più nostalgia dei ghetti del passato che erano i manicomi, ma c'è il bisogno che i malati mentali vengano curati per davvero. Bisognerebbe che il trattamento sanitario obbligatorio prevedesse tempi più lunghi degli attuali. Pochi giorni di ricovero in reparto specializzato e poi di nuovo a casa in condizioni di salute, molto spesso uguali e quando questo accade a malati aggressivi… Occorrerebbe invece creare strutture in cui i psicotici possano essere osservati per periodi più lunghi (almeno un mese). E poi, si avverte l’esigenza di seguire meglio i pazienti a casa con criteri di assistenza domiciliare che dia davvero sostegno alle famiglie. Intanto la legge Basaglia continua, immutabile, ad essere difesa, senza che si riesca a far passare l’idea di una riforma. E’ noto come la sinistra, da trent’anni, continui a sostenere che si tratta di una legge bellissima addebitando, semmai, le disfunzioni alla mancanza di fondi (ed è vero). C’è però, a monte, una causa pregiudiziale che non si riesce a rimuovere. Infatti si afferma che la malattia psichiatrica è una malattia sociale, mentre in realtà è molto altro ancora. Da qui le molte, anche se belle, parole che si continuano a proferire, mentre nulla cambia. Tanti che operano nei centri psichiatrici sono d’accordo nel riconoscere che farmaci e psicoterapia non bastano. Si parla di operare in équipe, di avere servizi pubblici di psichiatria che restino operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e non solo per erogare farmaci, ma per farsi carico dell’insieme della vita, offrendo proposte riabilitative che interessano tutti gli ambiti dell’esistenza, dalla cura di sé a quella della relazione con gli altri e con il contesto. La legge Basaglia è stata certamente una grande conquista, perché ha ribadito che il malato mentale non va mai emarginato, dal momento che possiede la stessa dignità di qualsiasi altra persona. Oggi, però, si avverte il bisogno di strutture che non abbiano solo un carattere sanitario, ma riabilitativo. In Parlamento si trovano depositati già alcuni progetti di modifica. Speriamo che nella legislatura che si è appena iniziata si riesca finalmente a concordare una riforma ragionevole e migliorativa che dia più serenità alle famiglie e più opportunità di reintegrasi ai malati.

 

Don Giovannino

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