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Mi sento di rispòndere, non perché creda di appartenere alla citata categoría (in fondo sono solo un àsino), ma perché già quest’argomento è stato oggetto dei miei ragli e perché, come dice il mio amico, è sempre meglio una ragliata d’àsino al momento giusto, se il contadino è distratto, che il chioccolío d’un fringuello tutti i giorni, se il contadino è sordo. Rispondo, ma so soltanto esprímere la mia felicità per le òpere di pregio riportate in luce nella chiesa del mio amico, per interessamento del sensibilíssimo pàrroco, e tutto finisce qui, con i miei complimenti sinceri. Non sono in grado di cògliere la bellezza profonda delle gemme di pietra (non “in pietra”) meravigliosamente incombenti nel presbiterio, che invítano all’estasi della bellezza oltre che alla meditazione e alla preghiera. Il sacro ha sempre in sé la bellezza. Anzi, la bellezza del sacro è insuperàbile, è fuori di ogni límite. Ma vorrei che i responsàbili della Sovrintendenza alle Belle Arti si soffermàssero nello studio delle figure scolpite, scongiurando che non síano gli stessi che hanno permesso lo sgorbio della volta della cappella del tempietto di Nostra Signora, sede del Museo d’Arte Sacra, per i quali non c’è arresto che li trattenga. Non c’è arresto che tenga! Non credo che tra i “dottori insigni della Chiesa” ivi raffigurati, vi sia, come scrívono gli úndici, San Leone Magno. Con Sant’Agostino, Sant’Ambrogio e San Giròlamo non può mancare San Gregorio Magno, papa dal 590 al 604, anno della sua morte. San Leone Magno non c’entra niente. Tutto è bello e buono, dunque. Senza traditori e tradimenti. Ma pensiamo, finalmente, alla piazza, perché senza la piazza con la sua gente o, meglio, con il suo pòpolo, anche la chiesa è deserta. E’ nel deserto, dentro la secchezza di un intero paese, come la mia pastura.
Víndice Aurito
L'amico Vindice Aurito, brillante artista, poeta e scrittore, risponde, secondo il suo inconfondibile stile, con 4 cartelle(!) alla lettera del mese scorso. Stralcio la parte finale che, più direttamente si riferisce a quanto lamentato nella lettera di settembre. Lo ringrazio per quanto dice, gli riconfermo stima e amicizia e gli chiedo (sommessamente): “Perché ti ostini a imbozzacchire il pensiero dentro l’orpello di uno stile che nessuno più utilizza? Non avermene.
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