Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Tempo di Carnevale
 

Nella storia dell’umanità vi è sempre stato un momento della vita sociale dedicata all’evasione, all’euforia alla sfrenatezza, che sovvertisse almeno per un momento l’ordine sociale precostituito e andasse ad invertire i ruoli, creasse fantasmi e permettesse ciò che in tutto il resto dell’anno non era permesso e questo infondo è sempre stato il carnevale. La sua origine si perde nella notte dei tempi della storia e nella nostra cultura occidentale affonda le sue radici già in epoca egizia ma le caratteristiche che tutt’oggi possiamo ritrovare nei nostri carnevali derivano da quella base da cui, nonostante la grande influenza che il cristianesimo ha avuto nella nostra storia, si è formata la nostra cultura occidentale, cioè la cultura greco-romana. Già nella Grecia, e particolarmente ad Atene e nelle città ioniche, prima del VI sec a. C. , venivano celebrate nel mese di Antesterione ( che coincide con i nostri Febbraio – Marzo ) le Antesterie, feste dedicate a Dionisio, dio del vino, e infatti questa era la festa del vino nuovo nella quale si celebrava anche l’arrivo ormai imminente della primavera. Nei giorni di questa festa si diceva che i fantasmi dei Cari, che erano gli antichi abitanti dell’Attica, tornassero a visitare i vivi, e si dice che durante queste feste oltre alla sregolatezza che caratterizza tutte le feste in onore di Dionisio, ci si mascherasse e vi fossero anche dei cortei con dei carri. Ma ancor di più vicino al nostro carnevale erano le feste romane dei Saturnali. Queste feste celebrate nell’antica Roma in onore di Saturno prevedevano, oltre ai vari riti religiosi, una totale sovversione dell’ordine sociale: gli schiavi potevano considerarsi temporaneamente liberi, veniva eletto un “principe” , da considerarsi come una caricatura della classe nobile, a cui veniva dato ogni poteva e che indossava una grande maschera dai colori sgargianti. Con l’avvento del cristianesimo questi caratteri di festività e sregolatezza, di mascheramento e di grande euforia sono rimasti nel nostro carnevale e se anche sembra così lontano dal cristianesimo come festa, in qualche modo è ad esso legato. L’etimologia stessa del termine, di cui ancora non si è ravvisata l’origine, potrebbe derivare da “ carnem levare” nel significato cioè, di levare, di togliere la carne dall’alimentazione quotidiana, pratica questa della quaresima di cui il carnevale costituisce il momento antecedente. Prima del digiuno e della penitenza della quaresima, occorreva un momento di svago e di euforia e questo è il carnevale, quasi una permissione da parte della chiesa, prima di intraprendere quel duro ( almeno un tempo) periodo di astinenza. Nella nostra Sardegna, per certi versi cosi arcaica, il carnevale rimane vivo e eterogeneo nelle diverse parti dell’Isola. I caratteri della maschera, della festa e della sovversione dei ruoli resta sempre, ma ogni luogo ha le sue proprie caratteristiche. Dalle maschere mute della Barbagia, dove l’umano si mescola con l’animale, dove i suoni ritmici dei campanacci dei “mamuthones” inebriano l’aria gelida già di gennaio quando danzano attorno ai falò accesi per sant’Antonio Abate e che si ripresentano nelle sfilate dei “giorni grassi” del carnevale. Ma ancora le grandi sfilate dei carri allegorici di Tempio, o di San Gavino più vicini questi ai tempi moderni e poi come non citare le giostre equestri della Sartiglia di Oristano, dove l’uomo mascherato col suo cavallo deve riuscire, in corsa, a centrare la stella. Tutto questo è carnevale, nei colori, nei suoni, nella baldoria e nella festa che tutt'oggi si ripete nelle nostre cittadine.

 

Tola Fabrizio

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