Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Sant'Alberico Crescitelli
 

Alberico Crescitelli nacque nel 1863 ad Altavilla Irpina (Avellino), da famiglia profondamente cristiana. Da ragazzo il padre lo incaricò di controllare dei fondi agricoli di loro proprietà, questa attività giornaliera occupava molto del suo tempo, tanto da impedirgli di studiare. Il padre, resosi conto, lo mandò a scuola dal cappellano. Da questo contatto giornaliero e con la sua guida spirituale, Alberico maturò la vocazione sacerdotale e così l’8 novembre 1880, a 17 anni, entrò nel Seminario delle Missioni Estere in Roma. Qui trascorse sette anni. Studiò filosofia e teologia alla Pontificia Università Lateranenese ed a quella Gregoriana, conseguendo con soddisfazione i gradi accademici. Ordinato sacerdote il 4 giugno 1887, i superiori ne disposero la partenza per l’autunno e gli concessero di trascorrere un periodo in famiglia. Dovendo partire l’8 settembre dal paese, cedette al desiderio della madre di restare qualche altro giorno, e così quando il 12 settembre scoppiò ad Altavilla Irpina una terribile epidemia di colera, egli era ancora lì e non volle più allontanarsene, collaborando con il permesso dei superiori, all’opera di assistenza con due altri sacerdoti. I tre quarti della popolazione fuggì verso le campagne e in paese rimasero ben pochi ad assistere gli ammalati, i moribondi e a dare sepoltura ai morti. Superata l’emergenza colera, iniziò il lungo viaggio verso Shanghai dove giunse dopo 36 giorni di navigazione. Fu una vita fatta di trasferimenti in territori accidentati, risalite di fiumi ed affluenti, adattamento al clima, adeguamento agli usi e costumi locali con tante difficoltà. Visitò le comunità cristiane disseminate lungo il fiume Han. Pensò di avvalersi delle sue competenze in agricoltura, formando delle colonie agricole, con lo scopo anche di riunire i cristiani troppo dispersi nel territorio. Padre Alberico lavorò con fervore, raccogliendo un gran numero di conversioni. La situazione economica della Cina era piuttosto grave, nelle campagne e invece della consueta siccità, vi furono piogge interminabili che distrussero i raccolti e la semina, facendo aumentare spaventosamente i prezzi di quel poco che si aveva. Ci fu un razionamento dei viveri da cui furono esclusi i cristiani, a causa dell’ostilità che ormai serpeggiava fra i capi. Padre Alberico, combatté in tutti i modi affinché i sussidi, concessi per fronteggiare la carestia, fossero estesi a tutti, riuscendo alla fine ad avere giustizia. La contrarietà dei pagani, convinti invece che la loro razione venisse diminuita, fu uno dei motivi che costerà la vita al missionario. Intanto, a seguito della politica antioccidentale di cui i missionari e la Chiesa erano l’espressione più lampante, iniziarono le persecuzioni, gli eccidi, i ferimenti, gli omicidi di missionari e fedeli cristiani cinesi, con la distruzione di chiese ed edifici. Un decreto imperiale ordinò l’espulsione o l’uccisione dei missionari stranieri. Vi fu una carneficina: suore, frati, sacerdoti missionari, vescovi, catechisti cinesi, uccisi a colpi dì arma da taglio nel cortile del tribunale dove erano stati radunati con l’inganno. E’ in questo periodo che maturò il sacrificio estremo di padre Alberico, sempre attivo nell’apostolato. Fu sollecitato a mettersi in salvo, sia dai fedeli che dal Vicario; altri missionari erano già stati rimpatriati. Il missionario, attraversò un affluente si avviò verso una stradina che costeggiava il fiume, entrò nel mercato e nell’attraversarlo passò davanti all’edificio della dogana, dove si riscuotevano le tasse per l’attraversamento dei fiumi sui confini. Qui il doganiere che l’aveva riconosciuto, con fare gentile e premuroso lo convinse a rimanere al sicuro nel piccolo edificio, perché la strada non era sicura e certamente sarebbe stato assalito. Padre Alberico prima accondiscese, poi ebbe la sensazione di un tradimento e voleva allontanarsi, ma il doganiere ancora con insistenza lo fece rimanere. Durante la notte, mentre era raccolto in preghiera, una plebaglia accerchiò l’edificio, il doganiere facendo finta di essere rammaricato, gli indicò come unica possibile via di fuga la porta sul retro, dalla quale lo fece uscire, chiudendola alle sue spalle. Padre Alberico fu preso subito da un gruppo di malfattori, fu colpito da vari fendenti su tutto il corpo. Non contenti di averlo ridotto così sanguinante e quasi incosciente, lo presero come una bestia, attaccato per le mani ed i piedi ad una grossa canna e a spalle lo portarono su un banco del mercato, dove poi proseguì il tormento del missionario. I pagani partecipavano a questi oltraggi considerandolo responsabile della riduzione dei sussidi alimentari. Nonostante l’intervento di un mandarino militare, venuto dalla città, ma con pochi soldati, mentre questi si adoperavano per cercare una barella per trasportarlo via, i capi della plebaglia pagana, gli legarono le caviglie con una corda e lo trascinarono, ormai morente, verso un luogo vicino al fiume e lo decapitarono. Moriva in questo modo atroce, dopo dodici anni spesi per il bene materiale e spirituale dei cinesi. Venne beatificato da papa Pio XII il 18 febbraio 1951 e proclamato santo il 1° ottobre 2000 da papa Giovanni Paolo II.

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