Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Beata Elisabetta Catez
 

Contemporanea di Santa Teresa del Bambino Gesù di Lisieux, Elisabetta Catez nacque a Camp d’Avor (Francia) il 18 luglio 1880. Nell’ottobre 1887, rimase orfana di padre. Dotata di un carattere piuttosto duro, volitiva, impetuosa, ardente, estroversa, lavorò a lungo su se stessa soprattutto dopo che la mamma le disse che per ricevere la Prima Comunione bisognava avere un cuore docile e buono. Senza frequentare mai scuole ebbe i primi rudimenti del sapere, da due istitutrici. Però fin da piccola frequentò il conservatorio di Digione, dove trovò nella musica una forma di donazione e di preghiera. Ottenne presto i primi premi di esecuzione al pianoforte. In piena adolescenza, cominciò a sentirsi attratta da Cristo e – racconta lei stessa – “senza attendere, mi legai a Lui con il voto di verginità”. Non ebbe altro pensiero che ritirarsi nel monastero del Carmelo. Ma trovò una forte opposizione nella madre la quale aveva riposto nella figlia e nelle sue possibilità musicali ogni sua speranza. Le proibì di frequentare il Carmelo e le propose il matrimonio con un bravo giovane. Ma per Elisabetta non c’era spazio per altri amori, sentiva di appartenere a Cristo. Ubbidì alla madre rinunciando ai contatti con il monastero , ma ribadì la sua immutata volontà. Solo quando raggiunse i 19 anni la signora Catez cedette, ma ponendo la condizione che avrebbe potuto entrare nel Carmelo solo nel 1901, quando avrebbe compiuto i 21 anni. Nel frattempo, nella speranza che Elisabetta potesse cambiare idea, la conduceva a varie feste danzanti della buona società. Lei però ascoltava Gesù nel silenzio del cuore rendendosi estranea e insensibile a tutto quello che accadeva intorno a lei. Si preparò alla vita monastica, insegnando il catechismo ai piccoli della parrocchia e soccorrendo i poveri. Il 2 agosto 1901 entrò nel Carmelo di Digione e l’8 dicembre dell’anno successivo vestì l’abito. Un mese dopo pronunciò i voti, prendendo il nome di Elisabetta della Trinità. Ma la gioia di aver raggiunto la meta desiderata, si coniugò ben presto con la sofferenza. Il 1° luglio 1903, si manifestò uno strano male, non diagnosticato correttamente e curato con terapie sbagliate. Solo più tardi si capì che si trattava del terribile morbo di Addison (malattia caratterizzata da una profonda astenia, con ipotensione, dolori lombari, turbe gastriche, una colorazione bronzina della pelle, dovuta per lo più alla tubercolosi delle capsule surrenali). Nessuno avvertì subito la gravità del male, non conoscendone allora sintomi e terapia. Gli anni dal 1903 al 1905 trascorsero tra alti e bassi della malattia. Nel 1906, la situazione precipitò. Ormai non riusciva ad assumere né cibo né bevande, ciò nonostante non smise mai di sorridere. Nell’estate del 1906 obbedendo alla priora, scrisse le sue meditazioni, frutto di quei mesi terribili, nel “Ultimo ritiro di Laudem gloriae” e nel “Come trovare il cielo sulla terra”. La progressione del male ormai la consumava. Parlava comunque e stranamente di gioia; eppure al martirio del corpo si era aggiunto quello dello spirito, con un senso di vuoto e di abbandono da parte di Dio, che tutti i mistici hanno conosciuto, fino a provare tentazioni di suicidio, superate nella fede per Cristo. Il morbo verso l’autunno, sembrò avviarsi verso la fine. Il 1° novembre dettò le sue ultime considerazioni: “Tutto passa! Alla sera della vita resta solo l’amore. Bisogna fare tutto per amore…”, poi per nove giorni si prostrò in uno stato precomatoso; in un ritornare momentaneo della coscienza, fu udita mormorare: “Vado alla luce, all’amore, alla vita”. Morì il mattino del 9 novembre 1906, a soli 26 anni. Come S. Teresa del Bambino Gesù anche Elisabetta della Trinità fu una grande mistica, che seppe penetrare l’essenza dell’Amore “troppo grande” di Dio, in intima comunione con i suoi “TRE” come Elisabetta si esprimeva familiarmente parlando della SS. Trinità, perno della sua vita di oblata claustrale carmelitana. Pur essendo vissuta nel monastero poco più di cinque anni e di cui tre in una condizione di ammalata grave e irreversibile, quindi con pochi contatti con l’esterno, essa dopo morta godé subito di una fama di santità, che fece pensare ben presto alla sua glorificazione. Per diversi motivi il primo processo informativo si ebbe negli anni 1931-41 a Digione e il 25 ottobre 1961 venne introdotta la causa. Il 12 luglio 1982 furono riconosciute le sue virtù vissute in modo eroico, dandole il titolo di venerabile; infine papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 25 novembre 1984.

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