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Cristiani perseguitati ieri come oggi.Perchè?
 

Sarà forse perché professo la loro stessa fede, sta di fatto che mi hanno fortemente impressionato le notizie sulle persecuzioni scatenate contro i cristiani nel poverissimo stato dell’Orissa in India. Si parla di almeno seimila sfollati e di cinquemila persone che per sfuggire al furore dei fondamentalisti indù si sono rifugiati nella giungla. Secondo certi osservatori le vittime sono un centinaio. Una assurdità in pieno terzo millennio della nostra era. Devo confessare – e non perchè di parte – che non conosco situazioni simili al mondo, dove a farsi assassini sono i cristiani. Perché allora continuano, e sanguinose, le persecuzioni contro di essi? I diritti universali alla libertà di pensiero e di religione non dovrebbero ormai appartenere alla coscienza dell’umanità? Evidentemente no, perché certi principi non basta codificarli per iscritto. Se non si radicano anche nella mente e nel cuore, tutto si vanifica. Intanto, mentre scrivo (mercoledì 3 settembre), sembra che il ritorno alla calma resti soltanto un auspicio. La follia fanatica dei gruppi radicali indù, infatti, non accenna a placarsi. L’adesione alla fede cristiana (ma anche alle altre fedi) dovrebbe sempre essere rispettata quando si manifesta come atto libero della persona. La realtà dell’India sembra adombrare una reazione furiosa originata dall’odio e dall’intolleranza contro una Chiesa che invece predica la pace annunciando che siamo tutti fratelli, e lotta a favore della promozione umana e sociale delle classi più deboli. Dalle informazioni che vengono diffuse, si sa che le vessazioni e le angherie nei confronti dei cristiani, in quelle regioni, non sono episodiche, ma frequenti e diffuse. Osservando la cartina dell’India, mi sono anche reso conto che l’Orissa è soltanto una porzione di quella immensa nazione e, dunque, generalizzare sarebbe colpevole. Se invece osserviamo la mappa della presenza religiosa, scopriamo che in India gli induisti sono l’80,5%, i musulmani il 13,4%, e i cristiani appena il 2,3%. La violenza dei fanatici, con queste percentuali, appare ancora più incomprensibile. Come spiegare questa sistematica aggressione contro una componente tanto minoritaria nello scenario religioso di quella immensa democrazia? A chiarirlo è il Padre Jimmi Dabhy, gesuita e sociologo che dirige un prestigioso centro di ricerca di studi e di azione sociale, col quale collaborano anche studiosi di altre fedi. Egli afferma che in ciò che sta succedendo, la religione è soltanto un pretesto. Infatti, “dietro l’apparente motivazione religiosa, le ragioni delle aggressioni sono altre. Molti dei cristiani sono dei “fuoricasta” o “aborigeni”. La Chiesa è impegnata nell’educazione di questi ceti che vivono ai margini della scala sociale. Ora i gruppi di potere, che coincidono in maggioranza con le alte caste, non amano che “gli ultimi” siano messi in grado, attraverso l’educazione, di contrastarli e, quando si sentono minacciati, reagiscono. Non è quindi un problema religioso, ma di potere. Non si vuole che membri delle caste inferiori e tribali abbiano indipendenza, sfuggano a un sistema di potere radicato che da lungo tempo si è dato una giustificazione religiosa … La scusa addotta per combattere le giuste rivendicazioni di una parte dei “fuoricasta” e degli “aborigeni” è che sono dei convertiti”. I fondamentalisti indù vorrebbero che i tribali avessero a seguire soltanto la loro religione e, quindi, ad accettare il loro stato sociale. Chi abbraccia la fede cristiana è ritenuto un traditore. Da qui la violenza, che la stessa polizia non sembra molto determinata a stroncare, ad esempio, arrestando i responsabili di questi atti criminali. Una certa negligenza la si riscontra anche nell’azione del Governo che è preoccupato di non inasprire gli indù in vista delle elezioni che si terranno fra sei mesi. Insomma, si attaccano i cristiani, devastandone chiese e strutture e uccidendo quanti vengono a tiro, non perché essi siano dei sobillatori o persone che non rispettano l’ordinamento sociale di quello stato, ma perché risultano di intralcio al mantenimento del potere politico ed economico delle alte caste indù le quali, per mascherare queste loro strategie, portano il conflitto sul piano religioso. Nei primi secoli dell’era cristiana, i credenti in Gesù di Nazareth venivano perseguitati ed uccisi perché parlavano di fratellanza, di parità di diritti e di doveri tra schiavo o libero, uomo o donna, giudeo o greco e perché sostenevano che soltanto nell’amore al prossimo si dimostra il proprio amore a Dio. Dopo due millenni, si continuano a subire persecuzioni e ad essere uccisi per gli stessi valori ideali. Martiri quelli, martiri i cristiani d’oggi.

 

Don Giovannino

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