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Le Paralimpiadi, ovvero, l'altra Olimpiade
 

Dal 6 al 17 settembre, Pechino ospiterà le olimpiadi degli atleti disabili meglio conosciute come le “Paralimpiadi”. La storia di questa manifestazione, che si tiene a poche settimane da quelle degli atleti normodotati, ebbe inizio nel 1948 a Londra. Vi parteciparono, soprattutto soldati “segnati” dalle Seconda Guerra Mondiale, conclusasi appena tre anni prima. La prima, vera edizione delle Paralimpiadi si tenne, invece, a Roma nel 1960. Ai giochi attualmente in corso a Pechino le nazioni presenti sono 148 con un totale di 4000 atleti. Gli italiani sono complessivamente 90 e gareggeranno in 12 discipline diverse. Ad Atene, quattro anni fa, i nostri atleti vinsero quattro ori, otto argenti e sette bronzi. Quest’anno c’è la speranza che il medagliere possa arricchirsi ancora di più. Sono espressione di una Federazione che comprende 600 associazioni sportive e 70.000 tesserati su un universo di ben 800.000 disabili tra i 6 e i 40 anni che potrebbero svolgere una qualche attività fisica. Un mondo vastissimo di storie dolorose e di voglia di ricominciare che coinvolge tutti e che non tollera spettatori. Splendida iniziativa perché lo sport, per molti, diventa occasione per riappropriarsi della vita. Momento esaltante per i selezionati e, ancora di più, per chi riuscirà a centrare una medaglia, ma anche punto di arrivo di una solidarietà diffusa che deve ancora crescere - e tanto! - a tutti i livelli e dentro i vari ceti sociali. Certo non assisteremo stavolta alla risonanza mediatica che ha avuto l’altra olimpiade, quella svoltasi ad agosto. In questo caso, però, ci troviamo di fronte a concorrenti che, personalmente, hanno già vinto e che diventano per tanti altri disabili un riferimento carico di speranza. La medaglia l’hanno già conquistata quando, dopo una malattia, un incidente sul lavoro o stradale, si sono ritrovati con la vita radicalmente cambiata e, pian pianino, hanno accettato di rinascere, andando oltre la ribellione per l’handicap subito. Queste storie di coraggio, dietro le quali c’è sempre una famiglia che si spende totalmente e con la stessa determinazione, più di qualunque altra, danno il polso di una società veramente civile e sensibile alla dignità di ogni persona. Lo sport, in questo caso, diventa occasione preziosa per veicolare messaggi ancora più alti che riguardano la quotidianità dell’esistenza di chi, ad esempio, è costretto a muoversi in una carrozzina o ha altre disabilità fisiche o intellettive. Si tratta allora di consentire che tutti possano spostarsi liberamente e accedere a uffici, scuole, aziende e ambienti per il tempo libero. Ancora prima, però, occorre che tutti noi, giorno dopo giorno, ci educhiamo sempre più ad andare oltre le diversità nel relazionarci ai nostri simili. La disabilità nell’approccio all’altro, non può e non deve mai farci dimenticare che entrambi siamo persone di pari dignità.

 

Sarlio Vorini

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  Tutti a scuola tra novità e proteste
 

Svecchiare le regole di gestione, razionalizzare le risorse esistenti senza stanziarne altre, rivisitare i metodi di insegnamento del buon tempo antico. Ecco come si muove (o vorrebbe muoversi) la riforma della scuola. Il maestro unico, la grammatica, il voto in condotta, l’aritmetica, gli esami di riparazione a settembre, la pagella in cifre, l’Educazione Civica, la divisa: queste le direttive impartite dagli ultimi due ministri della Pubblica Istruzione, un coro unanime che ha come obiettivo un ritorno al passato. Tra tutte le nuove prese di posizione del ministro dell’Istruzione Gelmini una in particolare ha fatto, e fa ancora discutere in questi giorni: il ritorno del maestro unico. L’iniziativa sarà introdotta dall'anno scolastico 2009-2010 solo nella prima classe della scuola primaria. Maria Stella Gelmini ha spiegato: "Avere introdotto un team di tre insegnanti non corrispondeva a esigenze pedagogiche e formative. Ho piuttosto l'impressione che sia servito soltanto a far aumentare il numero degli insegnanti. E la cosa mi pare piuttosto illogica visto che il numero dei bambini in classe durante gli anni è diminuito per il calo delle nascite". Una scuola che attualmente ha circa 1,3 milioni di dipendenti è una scuola che non ha futuro perché spende il 97% del bilancio in stipendi, una spesa "ingessata che non consente al settore di rinnovarsi". Il ministro ha anche assicurato che il tempo pieno non sarà invece modificato e ha poi concluso dicendo di volersi impegnare nella valorizzazione dei docenti: "Io vorrei puntare ad avere meno insegnanti ma meglio pagati". Queste le sue parole alle quali ha subito replicato la Uil sostenendo che 25mila cattedre sono a rischio. Le dichiarazioni hanno suscitato, com’è facile capire, proteste da tutti i fronti così come le hanno suscitate le altre decisioni del ministro; sta di fatto però che la scuola sta per iniziare: per quasi tutti gli studenti italiani, la prima campanella del nuovo anno scolastico 2008-2009 suonerà il 15 settembre. Fa eccezione la Lombardia, dove l’appello è fissato per l’8, e la Sicilia, dove, invece, le vacanze finiranno il 17. Due le settimane di stop a Natale, dal 22 dicembre al 6 gennaio. Sei giorni, invece, a Pasqua: dal 9 al 14 aprile. I primi ad andare in vacanza, il prossimo anno, saranno gli studenti di Abruzzo, Calabria e Basilicata (6 giugno), gli ultimi, quelli di Liguria e Toscana (13 giugno). Attualmente è difficile prevedere se e come andranno in porto tutte le innovazioni previste per il rinnovo della scuola italiana.

 

Stefano Mais

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