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Famiglie: è allarme povertà
 

La povertà per molte famiglie è ormai diventato fenomeno che corre a folle velocità, allargandosi in tutta Italia, fino ad esplodere nel meridione e nelle isole. Secondo le indagini, la situazione va aggravandosi di giorno in giorno, in silenzio, - secondo i canoni di un egoismo esasperato e assoluto, - che sta spaccando impietosamente in due il “paese”: da una parte quelli che ruotano intorno ai “palazzi”, dall’altra la gente del “paese reale”. Questo, ripeto, a livello nazionale e, in forma più accentuata nel Mezzogiorno. La precarietà, i salari bassi, i rincari dell’euro, la globalizzazione e la disoccupazione strisciante tra le persone di tutte le età, stanno affossando le famiglie monoreddito e quelle più numerose. Un quadro davvero preoccupante, che lascia insensibili soltanto quanti non vogliono accorgersi di quanto accade intorno a loro. A maggio di quest’anno l’ISTAT, nel rapporto annuale per il 2006, rilevava che in Italia una famiglia su sei fatica ad arrivare, o non ci arriva proprio, a fine mese, mentre una su tre va in crisi se si presenta una spesa imprevista anche di poche centinaia di euro. Addirittura si affermava che il sei per cento circa delle famiglie vive in ristrettezze economiche così gravi da avere difficoltà anche per assicurarsi il cibo quotidiano. I sondaggi più recenti ci dicono che il quadro generale è peggiorato, a motivo dell’aumento delle occupazioni precarie, del costo dei generi di prima necessità e degli stipendi che non riescono più a reggere l’andamento dei prezzi. Questo significa che una percentuale sempre più alta di famiglie si trova inguaiata in questo vortice e che non ce la fa più a risollevarsi. Ovvio poi che la povertà economica favorisca l’affiorare di altri problemi, altrettanto drammatici, quali la solitudine, la depressione, i comportamenti violenti tra le mura domestiche e perfino le separazioni e i divorzi. Chi non comprende che la povertà, quando chiude il cuore alla speranza e non offre più prospettive di rilancio, riesce solo a spalancare baratri di angoscia? Un tempo, chi faceva sacrifici e debiti, poteva almeno lasciarsi andare a sognare un futuro migliore per i propri figli. Oggi, invece, ci vuole coraggio anche solo a sperare che possano aversi tempi migliori. La crisi economica sta facendo emergere nuove tipologie di povertà ancora più complesse dovute a licenziamenti improvvisi e quindi a periodi (quasi sempre lunghi) di disoccupazione quando ormai ci si trova già avanti negli anni. Questi mutamenti stanno mettendo in ginocchio famiglie che mai avrebbero immaginato di precipitare un giorno sotto la soglia della sopravvivenza. E non si può non ricordare che, spesso, tra coloro che non riescono più a venire fuori dal disagio si nascondono storie che vanno oltre la pura povertà materiale.
Insomma, le categorie deboli si ingrossano, ma il loro disagio continua ad essere ignorato e a restare senza risposte. Si dice che non ci sono fondi a disposizione e che, innanzitutto, occorre affrontare il nodo del debito pubblico. Peccato che a fare questi ragionamenti siano soltanto coloro che appartengono alle classi più agiate e benestanti. E i politici? Ve lo immaginate cosa accadrebbe se tra coloro che si umiliano a chiedere alla Caritas un pacco viveri, ci fossero pure loro? Pensate che il risanamento economico delle nazioni continuerebbe a pesare sui ceti più deboli e indifesi? O non piuttosto che il problema, nonostante la sua complessità, verrebbe affrontato e risolto con prontezza? Si terrebbero ancora in piedi, secondo voi, leggine e decreti che favoriscono gli sprechi, i privilegi e le sperequazioni tra chi ha troppo e chi ha niente? Ma allora, se con questa rivoluzione, si ha la possibilità di ridistribuire le ricchezze in maniera più equa e rispettosa della dignità di ogni persona, perché non auspicarla? Che gioia si proverebbe tra gli sfortunati nel leggere a caratteri cubitali nei titoli di testa dei telegiornali o della carta stampata: “Politici alla fame, cittadini liberi dai disagi”. Farneticazioni, lo so.
A proposito, avete capito che anche la nostra Villacidro è dentro il quadro descritto? Purtroppo!
Naturalmente non sono così ingenuo da non sapere che esiste anche il fenomeno inverso, quello cioè di chi si indebita perché ormai schiavo del consumismo e di una pubblicità sempre più aggressiva e condizionante. Ma questo è altro rispetto a quanto si è voluto sottolineare.

 

Don Giovannino

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