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I rischi della deriva
 

La parola “virtù” nell’immaginario di tanta gente è bollata come sinonimo di esistenza in balia di inutili sensi di colpa, condizionata da imposizioni morali arcaiche e frustranti e, quindi, da rifuggire. L’uomo così detto virtuoso viene giudicato con stereotipi del tipo: “poverino, non sa cosa si perde!” Al contrario, l’uomo trasgressivo viene ammirato e imitato, proprio per il suo risultare privo di tabù e per la prontezza con cui soddisfa ogni suo desiderio, dentro qualsiasi contesto e con assoluta libertà. In molti, questo vocabolo, richiama alla mente un moralismo ormai rigettato perché non più proponibile, che imponeva soprattutto dei “no”, vietando e proibendo con rigore secondo una casistica che riduceva il sentimento a fredda logica. Quei parametri morali, enunciati come normativi e quasi sempre rivestiti di una connotazione anche religiosa (“se non ti comporti così, non sei cristiano”) sono andati in crisi, finendo per scivolare sul versante opposto che, però, appare altrettanto contraddittorio. Al loro posto ha assunto un ruolo di prim’ordine la libertà individuale tanto che, come sottolinea il sociologo De Rita, si ama comportarsi secondo il principio: “il corpo è mio, la vita è mia, il coniuge è mio, il tempo è mio, il figlio è mio, e ne posso disporre in piena autonomia”. Che dire di questi mutamenti? La sfortuna che ha investito questo termine non deve ingannare. Dentro quella idea si nasconde una sapienza plurimillenaria. La soggettività, oggi così diffusa, e che si fonda sulla competizione, il protagonismo e l’immagine, alla lunga, finisce sempre per risultare disgregante. Soltanto chi accoglie e testimonia l’attaccamento al bene comune come ideale da perseguire e a cui dedicarsi con tutte le forze, crea futuro. La vita di ciascuno dipende e si identifica con ciò in cui crede. Se il valore guida è il consumare, sarà ciò che consuma; se è quel determinato stile di vestire o di fare, sarà secondo quella moda o quel fare. Ciascuno diventa la persona che ha scelto d’essere. Il problema è tutto qui: “Che tipo di persona intendiamo essere?”. Lontano dalla retorica, ritengo che resti sempre valido il consiglio di non lasciarsi andare alla deriva e di credere che le oasi di giustizia e di verità possono essere anche oggi raggiunte da singoli e società. Gli spazi di paradiso possono essere conquistati. Per conseguirli, occorre recuperare l’idealità perduta, perché tutti saremo quello che vorremmo essere.

 

Don Giovannino

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